RELAZIONE AL CONVEGNO EUROMIL ROMA 17 OTTOBRE 2014
Nell’ultimo secolo il crescente utilizzo dell’amianto in diversi settori produttivi ha comportato una massiccia diffusione di questo minerale negli ambienti di lavoro e di vita. L’estrazione e l’impiego dell’amianto sono continuati anche dopo che nell’ambito medico-scientifico erano state individuate le sue proprietà cancerogene. Sin dai primi anni del 1900, infatti, era noto che l’inalazione di polveri di amianto causava l’asbestosi polmonare, una patologia che oggi viene collegata dalla medicina in un gran numero di casi, all’insorgere del tumore maligno denominato mesotelioma. L’entità e la gravità della sua diffusione è aggravata dalle proprietà del minerale: – l’amianto è molto duttile e quindi di facile lavorazione; – resiste alle alte temperature; – ma è anche praticamente non degradabile e quindi permane indefinitamente nell’ambiente e viene in gran parte trattenuto nei tessuti per tutta la vita.
Parlare dell’uso dell’amianto e delle conseguenze sulla salute nella Marina Militare Italiana e Internazionale non è sicuramente semplice anche perché ancora oggi continuano a pervenire nuove informazioni agli organi istituzionali e alle associazioni che si occupano del problema. Queste informazioni non sono ancora sufficienti per comprendere la enormità del problema.
E’ certo che l’amianto è stato utilizzato massicciamente a bordo di navi e sommergibili in quantità significativa e con impieghi diversi; ancora oggi lo si trova nei più disparati locali ed è oggetto di bonifica.
Pertanto Navi, Arsenali e Stabilimenti sono stati senza distinzione coinvolti dagli effetti di questo pericoloso cancerogeno che, come tale, non ammette un valore limite; l’unico valore accettabile è pari a zero, per cui amianto zero uguale rischio zero.
Documenti ufficiali della Marina Militare indicano nel periodo 1995/2000 ben 120 tonnellate di amianto rimosso da navi presso l’Arsenale Miliare di La Spezia, rimozione che è continuata negli anni successivi e che interessa tutti i locali, tubature, locale forno, apparati di propulsione, motori, infermeria e lavanderia, interruttori elettrici, locali caldaie.
I dati che riguardano l’Arsenale Militare di Taranto ci dicono che dal 1995 al 2005 risultano smaltite ben 600 tonnellate di amianto, in gran parte da navi e sommergibili, dove ha lavorato e lavora personale militare e civile che, per tale ragione, è stato sottoposto ad esposizione ad amianto nelle attività di manutenzione e cantieristica navale. L’amianto è presente non solo su navi di vecchia costruzione ( basti pensare alle M.O.C., le navi officina della M.M. oramai radiate, ma attive sin dagli anni 90 che possono essere considerate come dei veri e propri depositi galleggianti di amianto), ma anche su quelle di più recente realizzazione ovvero navi che hanno iniziato a navigare successivamente o contemporaneamente alla emanazione della Legge 257 del 1992 che ha vietato l’utilizzo dell’amianto. La certezza della pericolosità di questo minerale ha indotto, nel tempo, medici e istituzioni a rivedere i valori limite di concentrazione da ritenersi accettabili nei luoghi di lavoro.
Dal 1968 ad oggi tali valori ( sigla TVL – TWA) negli USA sono stati ridotti di 120 volte. In fatti si è passati da un limite di 100 fibre per c.c. fissato negli anni 50 e 60 a 0,1 fibre per c.c. dal 1998 sino ad oggi. La stessa situazione sostanzialmente ha interessato anche l’Italia. La pericolosità di questo materiale consiste nel fatto che l’inalazione e la deposizione di fibre di amianto nell’apparato respiratorio possono causare gravi malattie a carico dei polmoni, ASBESTOSI, della pleura, ISPESSIMENTI E TUMORE MALIGNO O MESOTELIOMA, del peritoneo TUMORE MALIGNO. Le fibre respirabili cioè quelle che hanno diametro inferiore o uguale a tre micron sono le più pericolose perché penetrano facilmente nelle vie respiratorie e lì si depositano dando origine alle patologie tipiche. Il mesotelioma pleurico o tumore maligno della pleura è una patologia che sicuramente ha provocato negli ultimi decenni un numero elevato di decessi anche tra i lavoratori di cantieristica navale e della difesa nonché tra gli stessi militari. I dati ufficiali del terzo rapporto del registro nazionale mesotelioma del 2010 indicano nel periodo 1993 – 2004 per tutto il territorio nazionale ben 844 casi di mesotelioma di cui 36 nel solo Arsenale Marina Militare di Taranto.
CONTINUA IN LEGGI TUTTO
Nell’ultimo secolo il crescente utilizzo dell’amianto in diversi settori produttivi ha comportato una massiccia diffusione di questo minerale negli ambienti di lavoro e di vita. L’estrazione e l’impiego dell’amianto sono continuati anche dopo che nell’ambito medico-scientifico erano state individuate le sue proprietà cancerogene. Sin dai primi anni del 1900, infatti, era noto che l’inalazione di polveri di amianto causava l’asbestosi polmonare, una patologia che oggi viene collegata dalla medicina in un gran numero di casi, all’insorgere del tumore maligno denominato mesotelioma. L’entità e la gravità della sua diffusione è aggravata dalle proprietà del minerale: – l’amianto è molto duttile e quindi di facile lavorazione; – resiste alle alte temperature; – ma è anche praticamente non degradabile e quindi permane indefinitamente nell’ambiente e viene in gran parte trattenuto nei tessuti per tutta la vita.
Parlare dell’uso dell’amianto e delle conseguenze sulla salute nella Marina Militare Italiana e Internazionale non è sicuramente semplice anche perché ancora oggi continuano a pervenire nuove informazioni agli organi istituzionali e alle associazioni che si occupano del problema. Queste informazioni non sono ancora sufficienti per comprendere la enormità del problema.
E’ certo che l’amianto è stato utilizzato massicciamente a bordo di navi e sommergibili in quantità significativa e con impieghi diversi; ancora oggi lo si trova nei più disparati locali ed è oggetto di bonifica.
Pertanto Navi, Arsenali e Stabilimenti sono stati senza distinzione coinvolti dagli effetti di questo pericoloso cancerogeno che, come tale, non ammette un valore limite; l’unico valore accettabile è pari a zero, per cui amianto zero uguale rischio zero.
Documenti ufficiali della Marina Militare indicano nel periodo 1995/2000 ben 120 tonnellate di amianto rimosso da navi presso l’Arsenale Miliare di La Spezia, rimozione che è continuata negli anni successivi e che interessa tutti i locali, tubature, locale forno, apparati di propulsione, motori, infermeria e lavanderia, interruttori elettrici, locali caldaie.
I dati che riguardano l’Arsenale Militare di Taranto ci dicono che dal 1995 al 2005 risultano smaltite ben 600 tonnellate di amianto, in gran parte da navi e sommergibili, dove ha lavorato e lavora personale militare e civile che, per tale ragione, è stato sottoposto ad esposizione ad amianto nelle attività di manutenzione e cantieristica navale. L’amianto è presente non solo su navi di vecchia costruzione ( basti pensare alle M.O.C., le navi officina della M.M. oramai radiate, ma attive sin dagli anni 90 che possono essere considerate come dei veri e propri depositi galleggianti di amianto), ma anche su quelle di più recente realizzazione ovvero navi che hanno iniziato a navigare successivamente o contemporaneamente alla emanazione della Legge 257 del 1992 che ha vietato l’utilizzo dell’amianto. La certezza della pericolosità di questo minerale ha indotto, nel tempo, medici e istituzioni a rivedere i valori limite di concentrazione da ritenersi accettabili nei luoghi di lavoro.
Dal 1968 ad oggi tali valori ( sigla TVL – TWA) negli USA sono stati ridotti di 120 volte. In fatti si è passati da un limite di 100 fibre per c.c. fissato negli anni 50 e 60 a 0,1 fibre per c.c. dal 1998 sino ad oggi. La stessa situazione sostanzialmente ha interessato anche l’Italia. La pericolosità di questo materiale consiste nel fatto che l’inalazione e la deposizione di fibre di amianto nell’apparato respiratorio possono causare gravi malattie a carico dei polmoni, ASBESTOSI, della pleura, ISPESSIMENTI E TUMORE MALIGNO O MESOTELIOMA, del peritoneo TUMORE MALIGNO. Le fibre respirabili cioè quelle che hanno diametro inferiore o uguale a tre micron sono le più pericolose perché penetrano facilmente nelle vie respiratorie e lì si depositano dando origine alle patologie tipiche. Il mesotelioma pleurico o tumore maligno della pleura è una patologia che sicuramente ha provocato negli ultimi decenni un numero elevato di decessi anche tra i lavoratori di cantieristica navale e della difesa nonché tra gli stessi militari. I dati ufficiali del terzo rapporto del registro nazionale mesotelioma del 2010 indicano nel periodo 1993 – 2004 per tutto il territorio nazionale ben 844 casi di mesotelioma di cui 36 nel solo Arsenale Marina Militare di Taranto.
CONTINUA IN LEGGI TUTTO
La scienza medica ha dimostrato che il mesotelioma si manifesta in soggetti esposti nel tempo all’amianto anche per brevi periodi o in caso di esposizione solo accidentale, come ad esempio nei familiari di lavoratori che prestavano attività in luoghi in cui era presente amianto.
È evidente che più lunga è l’esposizione maggiore è il rischio di contrarre la malattia. Il mesotelioma può manifestarsi dopo lunghi periodi di latenza. Oggi tutti gli studiosi sono concordi nel sostenere che detta latenza può essere ricompressa tra i 15 ed i 20 anni in media, ma può arrivare anche fino a 50 anni. Anche per la latenza vale il principio che più lungo è il periodo di esposizione, minore è quello della latenza. La diagnosi della malattia non è semplice; attualmente il gold standard è rappresentato dall’esame istologico dei tessuti e da indagini immunologiche-istochimiche con utilizzo di determinati marcatori. L’Italia è uno dei Paesi al mondo con tasso più alto di mortalità per mesotelioma. Nel 2008 i casi registrati sono stati complessivamente 1422 tra uomini e donne anche se si tratta di dati parziali. La scienza medica, infine, ha raggiunto la convinzione che almeno l’80% dei mesoteliomi sono dovuti all’esposizione all’amianto così come ritiene che il fumo di sigarette non possa essere causa prima di tale patologia.
L’incessante e preziosa opera fornita dalle Associazioni che oramai da anni si preoccupano di difendere i diritti dei dipendenti delle Forze Armate, le centinaia di denunce sporte da soggetti che, a causa della esposizione all’amianto, hanno contratto malattie quali il mesotelioma pleurico, i numerosissimi decessi che hanno interessato sia il personale militare che civile della Difesa, hanno convinto la magistratura italiana ad aprire dei fascicoli e a formulare ipotesi di reato che vanno dal disastro ambientale all’omicidio colposo.
La Procura di Padova, dove sono confluite tutte le denuncie di recente depositate in tutta Italia, nell’ottobre del 2013 ha richiesto il rinvio a giudizio di 14 alti ufficiali della marina militare italiana. L’ipotesi accusatoria è quella di non aver reso edotto il personale della Marina Militare, sia in servizio a terra che imbarcato, dei rischi per la salute derivanti dalla esposizione ad amianto presente sulle navi militari nonché negli altri ambienti frequentati dagli stessi per ragione di servizio.
Inoltre viene contestato agli stessi il mancato controllo sanitario specifico per l’esposizione all’amianto, la insufficiente o inesistente informazione sui pericoli derivanti dalla detta esposizione ed infine l’omessa adozione di misure idonee atte a impedire o comunque ridurre la diffusione di polveri di amianto. Sempre secondo la Procura di Padova queste omissioni avrebbero causato il decesso di trenta soggetti e malattie incurabili ad altre 33 persone offese. Il processo di Padova, denominato “ MARINA 2” è nella sua fase iniziale, ma ha già visto la costituzione di numerose parti civili, tra le quali diverse Associazioni, quali l’Assodipro di Taranto. Inoltre ancora decine e decine di denuncie sono pervenute alla stessa procura dopo la richiesta di rinvio a giudizio e si pensa che queste altre denuncie apriranno un nuovo processo penale. La correlazione tra la malattia cancerogena “ mesiotelioma” e l’esposizione ad amianto, oramai acclarata dalla medicina internazionale, è stata recepita da numerose pronunce dei tribunali italiani e finanche dalla Suprema Corte. Non per ultimo detta tesi è stata nuovamente confermata dal Tribunale di Taranto nel processo contro lo stabilimento siderurgico Ilva. Questo processo, dove sono stati ascoltati numerosi studiosi del settore di chiara fama, si è concluso con la condanna di 28 ex dirigenti, la maggior parte del periodo Italsider pubblica, per un totale di 189 anni di carcere inflitti. Il Giudice ha ritenuto responsabili tutti gli imputati delle morti di 15 dipendenti deceduti nell’arco di tempo 2004 – 2010 a causa dell’inalazione di fibre di amianto contestando finanche il reato di disastro ambientale. La lunga latenza della malattia da mesotelioma pleurico fa ritenere che nei prossimi anni ci sarà un aumento esponenziale della mortalità nonostante le misure adottate dallo stato e dai datori di lavoro negli ultimi decenni. Compito delle Istituzioni pubbliche è sicuramente quello di migliorare le condizioni degli ambienti di lavoro, di adottare ogni utile accorgimento per evitare mortali inalazioni e di garantire assistenza all’ampia platea di persone che hanno già contratto o contrarranno la mortale malattia a causa dell’improvvida esposizione al materiale tossico.
Missione delle Associazioni che si occupano della tutela della salute dei militari e dei lavoratori del settore cantieristico dovrà continuare ad essere quella di vigilare sulla corretta applicazione della Legge e di assistere i lavoratori ed i militari nella fase della tutela del diritto alla salute.
STUDIO LEGALE Avv. Cataldo Fornari – Patr. in Cassazione Via Calabria n. 36 – 74100 Taranto – Tel. & Fax 099.7350518 e-mail: studiolegalefornari@libero.it pec: fornari.cataldo@oravta.legalmail.it
È evidente che più lunga è l’esposizione maggiore è il rischio di contrarre la malattia. Il mesotelioma può manifestarsi dopo lunghi periodi di latenza. Oggi tutti gli studiosi sono concordi nel sostenere che detta latenza può essere ricompressa tra i 15 ed i 20 anni in media, ma può arrivare anche fino a 50 anni. Anche per la latenza vale il principio che più lungo è il periodo di esposizione, minore è quello della latenza. La diagnosi della malattia non è semplice; attualmente il gold standard è rappresentato dall’esame istologico dei tessuti e da indagini immunologiche-istochimiche con utilizzo di determinati marcatori. L’Italia è uno dei Paesi al mondo con tasso più alto di mortalità per mesotelioma. Nel 2008 i casi registrati sono stati complessivamente 1422 tra uomini e donne anche se si tratta di dati parziali. La scienza medica, infine, ha raggiunto la convinzione che almeno l’80% dei mesoteliomi sono dovuti all’esposizione all’amianto così come ritiene che il fumo di sigarette non possa essere causa prima di tale patologia.
L’incessante e preziosa opera fornita dalle Associazioni che oramai da anni si preoccupano di difendere i diritti dei dipendenti delle Forze Armate, le centinaia di denunce sporte da soggetti che, a causa della esposizione all’amianto, hanno contratto malattie quali il mesotelioma pleurico, i numerosissimi decessi che hanno interessato sia il personale militare che civile della Difesa, hanno convinto la magistratura italiana ad aprire dei fascicoli e a formulare ipotesi di reato che vanno dal disastro ambientale all’omicidio colposo.
La Procura di Padova, dove sono confluite tutte le denuncie di recente depositate in tutta Italia, nell’ottobre del 2013 ha richiesto il rinvio a giudizio di 14 alti ufficiali della marina militare italiana. L’ipotesi accusatoria è quella di non aver reso edotto il personale della Marina Militare, sia in servizio a terra che imbarcato, dei rischi per la salute derivanti dalla esposizione ad amianto presente sulle navi militari nonché negli altri ambienti frequentati dagli stessi per ragione di servizio.
Inoltre viene contestato agli stessi il mancato controllo sanitario specifico per l’esposizione all’amianto, la insufficiente o inesistente informazione sui pericoli derivanti dalla detta esposizione ed infine l’omessa adozione di misure idonee atte a impedire o comunque ridurre la diffusione di polveri di amianto. Sempre secondo la Procura di Padova queste omissioni avrebbero causato il decesso di trenta soggetti e malattie incurabili ad altre 33 persone offese. Il processo di Padova, denominato “ MARINA 2” è nella sua fase iniziale, ma ha già visto la costituzione di numerose parti civili, tra le quali diverse Associazioni, quali l’Assodipro di Taranto. Inoltre ancora decine e decine di denuncie sono pervenute alla stessa procura dopo la richiesta di rinvio a giudizio e si pensa che queste altre denuncie apriranno un nuovo processo penale. La correlazione tra la malattia cancerogena “ mesiotelioma” e l’esposizione ad amianto, oramai acclarata dalla medicina internazionale, è stata recepita da numerose pronunce dei tribunali italiani e finanche dalla Suprema Corte. Non per ultimo detta tesi è stata nuovamente confermata dal Tribunale di Taranto nel processo contro lo stabilimento siderurgico Ilva. Questo processo, dove sono stati ascoltati numerosi studiosi del settore di chiara fama, si è concluso con la condanna di 28 ex dirigenti, la maggior parte del periodo Italsider pubblica, per un totale di 189 anni di carcere inflitti. Il Giudice ha ritenuto responsabili tutti gli imputati delle morti di 15 dipendenti deceduti nell’arco di tempo 2004 – 2010 a causa dell’inalazione di fibre di amianto contestando finanche il reato di disastro ambientale. La lunga latenza della malattia da mesotelioma pleurico fa ritenere che nei prossimi anni ci sarà un aumento esponenziale della mortalità nonostante le misure adottate dallo stato e dai datori di lavoro negli ultimi decenni. Compito delle Istituzioni pubbliche è sicuramente quello di migliorare le condizioni degli ambienti di lavoro, di adottare ogni utile accorgimento per evitare mortali inalazioni e di garantire assistenza all’ampia platea di persone che hanno già contratto o contrarranno la mortale malattia a causa dell’improvvida esposizione al materiale tossico.
Missione delle Associazioni che si occupano della tutela della salute dei militari e dei lavoratori del settore cantieristico dovrà continuare ad essere quella di vigilare sulla corretta applicazione della Legge e di assistere i lavoratori ed i militari nella fase della tutela del diritto alla salute.
STUDIO LEGALE Avv. Cataldo Fornari – Patr. in Cassazione Via Calabria n. 36 – 74100 Taranto – Tel. & Fax 099.7350518 e-mail: studiolegalefornari@libero.it pec: fornari.cataldo@oravta.legalmail.it