Gigetto è un giovane maresciallo, che mai avrebbe immaginato che delle “ninfee” avrebbero potuto metterlo in cattiva luce con il Comandante. I Comandanti dovrebbero avere delle cose molte importanti da fare che pensare alle ninfee.

Gigetto, questo (quasi) normale maresciallo dell’Esercito Italiano catapultato a svolgere l’incarico di Gestore del Circolo Unificato, trova un bel giorno sulla scrivania una bella (si fa per dire) busta gialla a lui indirizzata. Un tempo le buste gialle in buona parte dell’Esercito Italiano erano foriere di guai, anche perché venivano utilizzate generalmente per “Provvedimenti Disciplinari” o arretrati, decurtazioni dello stipendio, raramente per altro di piacevole.

La trepidazione nell’aprire una simile busta era seconda solo al tremore delle mani ed all’eccessivo battito del cuore. Dopo averlo fatto ed averla letta, però la sua espressione è talmente inespressiva o interrogativa che i militari di truppa presenti nel locale esclamano: <<Ed allora marescià (diminutivo in voga nell’Esercito Italiano, da parte di militari di leva soprattutto campani), quanti giorni le hanno dato?>>. Anche i vari militari avevano avuto recapitate buste simili con vari giorni di consegna semplice o consegna di rigore, e conoscevano purtroppo l’indirizzo del mittente (ufficio personale del comando del reparto). Il maresciallo Gigetto è incredulo ed ancora non ha compreso; allunga la mano con il foglio contenuto nella lettera al militare più vicino, che la legge ad alta voce velocissimamente. Sono solo quindici striminzite righe, ma quando ha finito, i giovani militari si guardano in volto ed il più giovane ed appena arrivato esclama: << E che vor dì?>>. Nessuno aveva capito e soprattutto tutti si chiedevano che razza di punizione poteva essere il “VIVO BIASIMO”. Era superiore o meno alla Consegna Semplice o alla Consegna di Rigore? E valeva solo un giorno o il Vivo Biasimo era di cinque o sette o più o meno giorni? E che cosa comportava il VIVO BIASIMO?

Soprattutto poi, perché una lettera; cosa aveva fatto di così terribile da essere ripreso dal Comandante che era niente di meno che un Colonnello?

Niente. Sembra incredibile, ma non solo il Maresciallo Gigetto non aveva fatto niente, ma non sapeva e non capiva a cosa si riferisse il fatto!!!!

Questo Comandante, come tanti altri, aveva un pallino, un’ampia vasca di acqua dolce davanti al Circolo Ufficiali, con pesci rossi e ninfee. Ogni mattina entrando in caserma, la Guardia non riusciva neanche a presentargli la forza che lui correva verso il Circolo per andare ad ammirare la “SUA” vasca. E commentava con tutti i vari alti ufficiali e qualche perplesso maresciallo, come erano grandi i pesci rossi e come erano ben colorate le ninfee. Torniamo, quindi, alla lettera recapitata al maresciallo Gigetto.

Le ninfee…

Nell’estate di tanti anni prima, finalmente approfittando di un periodo di licenza del Comandante, anche il maresciallo Gigetto riuscì ad andare in licenza di un bel po’ di giorni, al punto che il suo rientro era previsto dieci giorni, dopo il rientro del Comandante.

Nel frattempo, alcuni militari di leva, impiegati come baristi al Circolo, andarono in congedo ed i due rimasti, uno andò in licenza di due giorni e l’ultimo purtroppo ebbe un incidente. Vennero subito sostituiti da nuovi militari arrivati che erano già baristi provetti, ma non sapevano alcune procedure particolari di quel bar / circolo della caserma.

Un pomeriggio, il cielo si annuvolò improvvisamente e poco dopo iniziò a piovere sempre più forte al punto che i vari tuoni e fulmini furono coperti dal rumore assordante della grandine sulle auto e sui tetti in lamiera.

Dopo circa due ore terminato questo improvviso temporale estivo gli ignari, giovani ed inesperti addetti al bar / circolo videro arrivare il Comandante che urlava a squarciagola frasi sconnesse, paonazzo in volto.

Gli altri ufficiali dovettero impiegare tutte le migliori doti di diplomazia e psicologia, per calmare il Comandante e farlo rientrare in ufficio.

Praticamente, la grandinata aveva distrutto tutte le belle foglie delle ninfee ed il Comandante era infuriato per questo.

Il maresciallo Gigetto comunque era assente da circa venti giorni e le sue disposizioni per mettere in sicurezza le foglie delle ninfee con un ampio lenzuolo erano state disattese per il semplice fatto che per la disorganizzata attività di quel comandante, il personale anziché essere di vari diversi scaglioni dell’anno, alcuni erano dello stesso scaglione. Questa era stata una disposizione di quello stesso comandante, a cui era già stata rappresentata l’esigenza organizzativa e logistica di avere uomini di scaglioni diversi, ma che lui aveva apostrofato con : “Tanto cosa volete che possa succedere”.

Per oltre due settimane il comandante aveva cercato di trovare tutte le scappatoie per cercare di punire severamente Gigetto, ma tutte le soluzioni che trovava per quanto fantasiose o autoritarie, si scontravano con la realtà dell’impossibilità della punizione classica.

Infatti Gigetto, aveva ottemperato all’ordine di dare disposizione sul proteggere le ninfee, aveva trovato il materiale ed aveva redatto con l’avvallo del suo ufficiale superiore una integrazione alle direttive interne operative che riguardava la salvaguardia delle ninfee. E poi, Gigetto era stimato ed apprezzato, aveva modi gentili e disponibili, si presentava bene fisicamente e formalmente, sempre impeccabile nella sua uniforme. Il Comandante voleva punirlo, anche se il suo ufficio comando disattendeva alle sue aspettative, in fin dei conti era lui il comandante.

Perciò un sabato in cui erano assenti buona parte dei suoi ufficiali e sottufficiali, chiamò un caporale dell’ufficio comando, a lui molto legato, perché erano dello stesso paese d’origine, e gli ordina di protocollare la lettera di VIVO BIASIMO che aveva redatto lui nel suo ufficio. Di fronte alla flebile resistenza e timida perplessità espressa dal caporale di poter protocollare ed inviare una simile lettera, che avrebbe dovuto chiedere lumi al maresciallo dell’ufficio maggiorità o dell’ufficiale responsabile dell’ufficio comando, il colonnello comandante gli urlò: “Questo è un ordine, esegua e consegni personalmente la lettera”.

D’altronde se una delle esclamazioni più famose di un grande comico italiano, con nome d’arte Totò,  fu: “ Siamo uomini o caporali “.

Quello era un caporale ed ha eseguito subito. Inoltre era talmente pavido, che non l’ha consegnata di persona al maresciallo Gigetto, od alcuno dei suoi sottoposti, ma ha approfittato dell’ufficio di Gigetto aperto e della distrazione del personale del Circolo per lasciarla sulla scrivania ed andare via subito.

Gigetto è andato a chiedere al suo Capitano ed al suo comando che cosa avrebbe comportato quella lettera di vivo biasimo e, dopo aver atteso qualche giorno per documentarsi ed informarsi, da tutti i suoi colleghi e ufficiali superiori ebbe conforto nel sapere che ciò non avrebbe comportato NULLA. Ovvero il VIVO BIASIMO non esisteva (e fra l’altro non esiste tuttora), praticamente il comandante voleva protestare, arrabbiarsi per l’evento, ma non potendolo fare di persona, aveva escogitato quella missiva molto irregolare e inusuale, non degna però né dell’importanza di quel alto comando, né del prestigio di un simile alto ufficiale e fra l’altro non prevista dalle normative sulla classificazione del protocollo.

Certamente lui era un colonnello e l’altro un certo caporale.

Povero Gigetto quante ne ha passate, ma lui è un maresciallo, anzi è un Italiano ottimista, ovvero di quelli che si impegnano per cercare di fare le cose nel migliore dei modi, di quelli corretti, onesti e leali. Come tanti altri meravigliosi e silenziosi Italiani.                                                              

                                                                                                        firmato

Salvatore Vinciguerra