Di Alberto Tuzzi vice presidente Assodipro .
Due notizie hanno attirato recentemente la nostra attenzione, ed entrambe riguardano la sfera dei diritti e ci ripropongono, purtroppo drammaticamente, la profonda contraddizione istituzionale e morale che vivono le rappresentanze e i rappresentanti militari. La prima notizia attiene il contenuto di una delibera, votata a maggioranza dal Co. Ce. R. Sez. A.M., rivolta al Capo di S.M.A. e relativa alla richiesta: “istituzione della figura di “Presidente dei Graduati, Sergenti e Ufficiali”.
L’istanza scaturisce, come sostenuto dai rappresentanti, da: “la direttiva UD-001 recentemente modificata, pag. 51, nella quale si esplicita l’istituzione della figura del “Presidente dei sottufficiali” che, secondo quanto previsto dalla normativa in questione, dovrebbe rappresentare un esempio ed un punto di riferimento per tutto il personale appartenente alla categoria sottufficiali, graduati e dei militari di truppa con le seguenti funzioni: – agevola l’inserimento nell’Ente di sottufficiali più giovani e neo assegnati, curandone personalmente l’amalgama e l’affiatamento con i colleghi più anziani; – si prodiga per accrescere nei sottufficiali, i graduati e i militari di truppa il senso di appartenenza e di affezione all’Ente; – coadiuva la linea gerarchica del personale nella formazione morale e professionale dei singoli militari e suggerisce al Comandante eventuali proposte migliorative che tengano conto delle aspettative rappresentate dal personale stesso; – può essere sentito dal comandante in merito a possibili soluzioni d’impiego di sottufficiali, graduati e militari di truppa nell’ambito dell’Ente, in relazione ad eventuali problematiche singole e/o collettive ; – collabora, ove previsto dalle T.O.O., con l’Ufficiale Consigliere in materia di promozione umana e sociale a favore del personale sottufficiale; – presenzia con il Comandante agli eventi di rappresentanza dell’Ente di appartenenza”. Saremmo curiosi di sapere se il Co.Ce.R. A.M. si rende conto di quello che ha chiesto con questa delibera, che di fatto annulla le sue prerogative. Tra l’ufficiale consigliere che si occupa di promozione umana e sociale e il presidente dei sottufficiali che rappresenta le problematiche singole e/o collettive del personale, i rappresentanti democraticamente eletti e unici deputati a rappresentare il personale e le loro esigenze, morali e materiali, che funzione hanno? A che cosa servono e perché sono state istituite? Al confronto di queste rappresentanze i sindacati gialli sono rivoluzionari.
Mai avremmo pensato che il degrado delle rappresentanze raggiungesse questi livelli, inoltre la richiesta fatta nella delibera: “ con spirito di leale e fattiva collaborazione” ci ha lasciati veramente sconcertati. I diritti se spettano non si implorano ma si pretendono. I rappresentanti si rendono conto che, sia la figura dell’ufficiale consigliere sia il presidente dei sottufficiali e/o decano, sono soggetti non istituzionali e non previsti dal nuovo Codice di Ordinamento Militare? Sono a tutti gli effetti dei rappresentanti voluti dalle gerarchie, proprio per sminuire, se non addirittura annullare, i veri rappresentanti democraticamente eletti. Tali figure, inoltre, sono state istituite con il solito “vizietto” di farle passare tramite direttive interne che stravolgono le leggi e sfuggono al controllo parlamentare e volutamente avallate dai vari ministri in carica. Non è casuale che la democrazia è un termine ostico per i vertici militari. Non ci dilunghiamo oltre sulle anomalie e contraddizioni che attanagliano le rappresentanze, poiché in 35 anni di esperienza, tra analisi e proposte, si potrebbe scrivere non un libro ma una enciclopedia. La seconda notizia che ha attirato la nostra attenzione, concerne la nomina del generale Paolo Gerometta, attualmente presidente del Co.Ce.R. Esercito e del Comparto Difesa, a capo del Personale Militare. Quando si dice che le rappresentanze servono a fare carriera, sia militare che politica! Peccato che vale, come sempre, solo per un'unica categoria già tronfia di privilegi. A proposito di privilegi, ha ancora senso oggi dare una rappresentanza ai componenti di una categoria che con tredici anni di servizio percepiscono lo stipendio da dirigente, qualsiasi sia il grado rivestito? L’istituto delle rappresentanze istituite con la legge 382/78, grazie alle battaglie democratiche di sottufficiali, soldati e un manipolo di ufficiali inferiori, dovevano servire a dare uno strumento di tutela solo alle categorie senza diritti e non certo ai dirigenti. Gli episodi della delibera del Co.Ce.R. A.M. e della nomina del generale Gerometta, oltre ad evidenziare le palesi contraddizioni istituzionali, funzionali e morali, avvalorano le nostre critiche e confermano l’esigenza, non più procrastinabile, di eliminare questo tipo arcaico di rappresentanza e di dotare il personale di uno strumento, veramente democratico e autonomo gerarchicamente ed economicamente, che consenta di difendere realmente i diritti dei propri rappresentati. Approfittiamo di questo intervento per fare una richiesta specifica al nuovo direttore di Persomil, riferita agli indebiti pensionistici. La sollecitazione si riferisce al contenzioso in atto tra l’amministrazione della difesa e il personale in congedo, centinaia di ricorsi alle Corti dei conti Regionali, dovuto essenzialmente all’enorme ritardo con cui vengono emanati i decreti definitivi di pensione. A proposito come si concilia la mancanza di personale nel settore delle pensioni, dove per la emanazione di un decreto definitivo occorrono la media di otto anni, con la richiesta dei vertici militari di ridurre il personale di trentamila unità? Che capacità manageriali occorrono affinché una decina di marescialli vengano trasferiti nelle direzione che emana i decreti, al fine di accorciare drasticamente i tempi di elaborazione? Ma la richiesta che facciamo al nuovo direttore, e che giriamo anche al Ministro, è questa: alla luce delle sentenze emesse dalla Corte dei Conti Centrale a Sezioni riunite, nel 2007 e nel 2012, dove è stato detto e ribadito che il militare che ha percepito in buona fede somme improprie, nulla è dovuto se il decreto definitivo è stato emesso oltre il termine che il Ministero si è dato in virtù della legge 241/90, che ammonta a tre anni e quindi i ricorrenti sono sempre vincitori, perché non emanare una disposizione che metta fine alle innumerevoli cause? Le sentenze che emette la Corte dei Conti, sia Regionale che Centrale, purtroppo, valgono solo per i ricorrenti. Ricordiamo al nuovo direttore che per risolvere questo problema non occorre un intervento legislativo, bensì basta una direttiva ministeriale, che riguardi anche lINPS, che dica chiaramente alle direzioni competenti che, ove il decreto definitivo di pensione sia stato emesso oltre i tre anni previsti, nulla è dovuto dal personale. Questa potrebbe essere una ottima occasione, per il nuovo direttore del personale che è anche contemporaneamente il rappresentante dello stesso, per svolgere finalmente le sue funzioni in difesa dei diritti del personale rappresentato. Le contraddizioni istituzionali e morali che vivono quotidianamente le rappresentanze e i rappresentanti, sono attualmente all’attenzione della Commissione Difesa della Camera, la quale è impegnata su ipotesi di modifica della legge.
I parlamentari della Commissione non potranno non tenere conto della recente sentenza emessa dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che ha condannato la Francia perché non consente, in tempo di pace, le libertà sindacali e associative al personale delle forze armate e delle forze di polizia.
Su questo argomento molto è stato scritto e molto altro si scriverà, sia perché la Francia sta già lavorando per adeguarsi alla condanna della CEDU, sia perché fra non molto ci sarà un sentenza simile per l’Italia, generata da un identico ricorso proposto da As.So.Di.Pro.
Il responso prossimo della Corte Europea nei confronti dell’Italia, presumibilmente identico a quello francese, costituirà un banco di prova fondamentale per misurare il grado di riformismo, progressismo e la vera democraticità del governo Renzi. Tuttavia nel prossimo futuro, auspicando che la Commissione Difesa congeli gli attuali lavori di riforma delle rappresentanze in attesa che intervenga la CEDU , si dovranno intraprendere dibattiti e confronti politici, per elaborare proposte da fare alle forze politiche, al fine di permettere al personale di godere quei diritti fondamentali, che non hanno vietato i padri costituenti ma solo dei giudici troppo consenzienti con la politica. Ai parlamentari rammentiamo che il nuovo Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel discorso di insediamento tenuto in Parlamento, ma rivolto anche a tutta la nazione, ha caldamente perorato la causa dei diritti fondamentali dei cittadini, affermando altresì:” la democrazia va adeguata al mutare dei tempi”. Auspichiamo, infine, che le forze politiche democratiche, riformiste e progressiste presenti in Parlamento, abbiano sufficiente sensibilità nei confronti del processo di democratizzazione delle forze armate e di una loro collocazione sociale al passo con i tempi e alla pari delle altre Nazioni Europee.
Alberto Tuzzi
Due notizie hanno attirato recentemente la nostra attenzione, ed entrambe riguardano la sfera dei diritti e ci ripropongono, purtroppo drammaticamente, la profonda contraddizione istituzionale e morale che vivono le rappresentanze e i rappresentanti militari. La prima notizia attiene il contenuto di una delibera, votata a maggioranza dal Co. Ce. R. Sez. A.M., rivolta al Capo di S.M.A. e relativa alla richiesta: “istituzione della figura di “Presidente dei Graduati, Sergenti e Ufficiali”.
L’istanza scaturisce, come sostenuto dai rappresentanti, da: “la direttiva UD-001 recentemente modificata, pag. 51, nella quale si esplicita l’istituzione della figura del “Presidente dei sottufficiali” che, secondo quanto previsto dalla normativa in questione, dovrebbe rappresentare un esempio ed un punto di riferimento per tutto il personale appartenente alla categoria sottufficiali, graduati e dei militari di truppa con le seguenti funzioni: – agevola l’inserimento nell’Ente di sottufficiali più giovani e neo assegnati, curandone personalmente l’amalgama e l’affiatamento con i colleghi più anziani; – si prodiga per accrescere nei sottufficiali, i graduati e i militari di truppa il senso di appartenenza e di affezione all’Ente; – coadiuva la linea gerarchica del personale nella formazione morale e professionale dei singoli militari e suggerisce al Comandante eventuali proposte migliorative che tengano conto delle aspettative rappresentate dal personale stesso; – può essere sentito dal comandante in merito a possibili soluzioni d’impiego di sottufficiali, graduati e militari di truppa nell’ambito dell’Ente, in relazione ad eventuali problematiche singole e/o collettive ; – collabora, ove previsto dalle T.O.O., con l’Ufficiale Consigliere in materia di promozione umana e sociale a favore del personale sottufficiale; – presenzia con il Comandante agli eventi di rappresentanza dell’Ente di appartenenza”. Saremmo curiosi di sapere se il Co.Ce.R. A.M. si rende conto di quello che ha chiesto con questa delibera, che di fatto annulla le sue prerogative. Tra l’ufficiale consigliere che si occupa di promozione umana e sociale e il presidente dei sottufficiali che rappresenta le problematiche singole e/o collettive del personale, i rappresentanti democraticamente eletti e unici deputati a rappresentare il personale e le loro esigenze, morali e materiali, che funzione hanno? A che cosa servono e perché sono state istituite? Al confronto di queste rappresentanze i sindacati gialli sono rivoluzionari.
Mai avremmo pensato che il degrado delle rappresentanze raggiungesse questi livelli, inoltre la richiesta fatta nella delibera: “ con spirito di leale e fattiva collaborazione” ci ha lasciati veramente sconcertati. I diritti se spettano non si implorano ma si pretendono. I rappresentanti si rendono conto che, sia la figura dell’ufficiale consigliere sia il presidente dei sottufficiali e/o decano, sono soggetti non istituzionali e non previsti dal nuovo Codice di Ordinamento Militare? Sono a tutti gli effetti dei rappresentanti voluti dalle gerarchie, proprio per sminuire, se non addirittura annullare, i veri rappresentanti democraticamente eletti. Tali figure, inoltre, sono state istituite con il solito “vizietto” di farle passare tramite direttive interne che stravolgono le leggi e sfuggono al controllo parlamentare e volutamente avallate dai vari ministri in carica. Non è casuale che la democrazia è un termine ostico per i vertici militari. Non ci dilunghiamo oltre sulle anomalie e contraddizioni che attanagliano le rappresentanze, poiché in 35 anni di esperienza, tra analisi e proposte, si potrebbe scrivere non un libro ma una enciclopedia. La seconda notizia che ha attirato la nostra attenzione, concerne la nomina del generale Paolo Gerometta, attualmente presidente del Co.Ce.R. Esercito e del Comparto Difesa, a capo del Personale Militare. Quando si dice che le rappresentanze servono a fare carriera, sia militare che politica! Peccato che vale, come sempre, solo per un'unica categoria già tronfia di privilegi. A proposito di privilegi, ha ancora senso oggi dare una rappresentanza ai componenti di una categoria che con tredici anni di servizio percepiscono lo stipendio da dirigente, qualsiasi sia il grado rivestito? L’istituto delle rappresentanze istituite con la legge 382/78, grazie alle battaglie democratiche di sottufficiali, soldati e un manipolo di ufficiali inferiori, dovevano servire a dare uno strumento di tutela solo alle categorie senza diritti e non certo ai dirigenti. Gli episodi della delibera del Co.Ce.R. A.M. e della nomina del generale Gerometta, oltre ad evidenziare le palesi contraddizioni istituzionali, funzionali e morali, avvalorano le nostre critiche e confermano l’esigenza, non più procrastinabile, di eliminare questo tipo arcaico di rappresentanza e di dotare il personale di uno strumento, veramente democratico e autonomo gerarchicamente ed economicamente, che consenta di difendere realmente i diritti dei propri rappresentati. Approfittiamo di questo intervento per fare una richiesta specifica al nuovo direttore di Persomil, riferita agli indebiti pensionistici. La sollecitazione si riferisce al contenzioso in atto tra l’amministrazione della difesa e il personale in congedo, centinaia di ricorsi alle Corti dei conti Regionali, dovuto essenzialmente all’enorme ritardo con cui vengono emanati i decreti definitivi di pensione. A proposito come si concilia la mancanza di personale nel settore delle pensioni, dove per la emanazione di un decreto definitivo occorrono la media di otto anni, con la richiesta dei vertici militari di ridurre il personale di trentamila unità? Che capacità manageriali occorrono affinché una decina di marescialli vengano trasferiti nelle direzione che emana i decreti, al fine di accorciare drasticamente i tempi di elaborazione? Ma la richiesta che facciamo al nuovo direttore, e che giriamo anche al Ministro, è questa: alla luce delle sentenze emesse dalla Corte dei Conti Centrale a Sezioni riunite, nel 2007 e nel 2012, dove è stato detto e ribadito che il militare che ha percepito in buona fede somme improprie, nulla è dovuto se il decreto definitivo è stato emesso oltre il termine che il Ministero si è dato in virtù della legge 241/90, che ammonta a tre anni e quindi i ricorrenti sono sempre vincitori, perché non emanare una disposizione che metta fine alle innumerevoli cause? Le sentenze che emette la Corte dei Conti, sia Regionale che Centrale, purtroppo, valgono solo per i ricorrenti. Ricordiamo al nuovo direttore che per risolvere questo problema non occorre un intervento legislativo, bensì basta una direttiva ministeriale, che riguardi anche lINPS, che dica chiaramente alle direzioni competenti che, ove il decreto definitivo di pensione sia stato emesso oltre i tre anni previsti, nulla è dovuto dal personale. Questa potrebbe essere una ottima occasione, per il nuovo direttore del personale che è anche contemporaneamente il rappresentante dello stesso, per svolgere finalmente le sue funzioni in difesa dei diritti del personale rappresentato. Le contraddizioni istituzionali e morali che vivono quotidianamente le rappresentanze e i rappresentanti, sono attualmente all’attenzione della Commissione Difesa della Camera, la quale è impegnata su ipotesi di modifica della legge.
I parlamentari della Commissione non potranno non tenere conto della recente sentenza emessa dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che ha condannato la Francia perché non consente, in tempo di pace, le libertà sindacali e associative al personale delle forze armate e delle forze di polizia.
Su questo argomento molto è stato scritto e molto altro si scriverà, sia perché la Francia sta già lavorando per adeguarsi alla condanna della CEDU, sia perché fra non molto ci sarà un sentenza simile per l’Italia, generata da un identico ricorso proposto da As.So.Di.Pro.
Il responso prossimo della Corte Europea nei confronti dell’Italia, presumibilmente identico a quello francese, costituirà un banco di prova fondamentale per misurare il grado di riformismo, progressismo e la vera democraticità del governo Renzi. Tuttavia nel prossimo futuro, auspicando che la Commissione Difesa congeli gli attuali lavori di riforma delle rappresentanze in attesa che intervenga la CEDU , si dovranno intraprendere dibattiti e confronti politici, per elaborare proposte da fare alle forze politiche, al fine di permettere al personale di godere quei diritti fondamentali, che non hanno vietato i padri costituenti ma solo dei giudici troppo consenzienti con la politica. Ai parlamentari rammentiamo che il nuovo Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel discorso di insediamento tenuto in Parlamento, ma rivolto anche a tutta la nazione, ha caldamente perorato la causa dei diritti fondamentali dei cittadini, affermando altresì:” la democrazia va adeguata al mutare dei tempi”. Auspichiamo, infine, che le forze politiche democratiche, riformiste e progressiste presenti in Parlamento, abbiano sufficiente sensibilità nei confronti del processo di democratizzazione delle forze armate e di una loro collocazione sociale al passo con i tempi e alla pari delle altre Nazioni Europee.
Alberto Tuzzi