I prossimi giudizi della Corte Costituzionale sui Diritti Sindacali per i Militari ,su ricorso di Assodipro, e sulla Legge Madia che ha militarizzato nei Carabinieri il Corpo Forestale, viaggiano paralleli accumunati dal tema democratico di diritti sindacali negati e/o cancellati. SOLO Negli ultimi mesi, oltre la sentenza della CEDU sui Diritti Sindacali ai militari di 3 anni fa , in Italia, dal TAR Veneto al Tribunale di Torino, dal Comitato Europeo per i Diritti Sociali che accoglie reclamo di Euromil sul divieto di aderire al sindacato ad una associazione di militari Irlandesi dove, come osserva il presidente di EUROMIL Emmanuel JACOB ( in foto con Antonio LIMA esecutivo Euromil e Salvatore Rullo presidente Assodipro ) “ E’ la prima volta che un organismo di vigilanza europeo riconosce esplicitamente i diritti sindacali per il personale militare”; passando dalla vittoria dell’ Associazione UNFORCED che comando generale Carabinieri e ministero Difesa volevano vietare a fronte del giudizio del TAR Lazio che, oltre che legittimare UNFORCED, afferma : “Rientra nel campo della libera manifestazione del pensiero anche allo scopo di modificare l’assetto giuridico dell’ordinamento militare per quanto attiene alle libertà sindacali e politiche, fondare associazioni che si propongano questo scopo proprio perché, consapevoli di limiti attualmente posti dall’ordinamento, vogliono promuovere le condizioni per superare tale assetto ritenuto non più conforme all’ordinamento giuridico nazionale ed internazionale attualmente in essere”, si sommano una serie di sentenze / valutazioni e giudizi che vanno tutti nel senso di una strada di DIRITTI SINDACALI ai MILITARI che non si può più vietare.
Tratto da Polizia e Democrazia, periodico fondato da Franco Fedeli , diretto da Cesare Vanzella, numero Febbraio Marzo 2018, con il consenso dell’ autore Michele Turazza che ringraziamo per l’interessante e bell’articolo su temi importanti attuali e molto sentiti dal personale. ( foto tratta da Polizia e Democrazia )
Di Michele TURAZZA : MILITARI E FORESTALI. Diritti Sindacali, l’ Italia a un bivio:
I prossimi mesi saranno cruciali sul piano del riconoscimento dei diritti sindacali ai lavoratori militari: la Corte Costituzionale è chiamata a rendere compatibile il nostro ordinamento con le pronunce della Cedu e con la stessa Costituzione repubblicana, riconoscendo finalmente pienezza di diritti associativi e garantendo l’esercizio delle libertà sindacali anche ai cittadini in divisa .
DIECI APRILE E 5 GIUGNO 2018: due giorni che rimarranno nel lungo cammino di conquista dei diritti sindacali dei militari. Due udienze pubbliche della Consulta, durante le quali verranno discussi i giudizi di legittimità costituzionale sull’anacronistica disposizione del Codice dell’Ordinamento Militare che vieta ai militari di fondare o aderire ad associazioni sindacali e sulla legge Madia, nella parte in cui ha previsto la soppressione del Corpo Forestale dello Stato. Due date che potrebbero abbattere il muro esistente tra “diritti” e “militari”, contribuendo, finalmente, a far spalancare le porte delle caserme a quello “spirito democratico della Repubblica”, a cui la nostra Costituzione impone che si informi tutto l’ordinamento delle Forze armate.
Si può parlare infatti, di democrazia, se sono negati i diritti associativi fondamentali ad alcuni cittadini, solo perché lavorano indossando una divisa? O se viene consentito di militarizzare forzatamente migliaia di lavoratrici e lavoratori di una Forza di polizia specializzata, da sempre ad ordinamento civile? La democrazia non si esaurisce al momento del voto, ma è un esercizio costante di controllo sugli organi dello Stato e sulle norme che producono, soggette alla Costituzione e alle Carte europee dei diritti. Dopo l’ordinanza di rimessione alla Corte sollevata dai giudici di Palazzo Spada lo scorso anno, su impulso dell’Associazione Solidarietà Diritto e Progresso guidata da Salvatore Rullo, che verrà discussa il 10 aprile, altri due Tribunali della Repubblica hanno nel frattempo sospeso i giudizi, investendo la Consulta della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1475 comma 2 del Com.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, richiamandosi al Consiglio di Stato, ritiene che l’antinomia della disposizione che vieta in radice ai militari di costituire associazioni professionali a carattere sindacale, nonché di aderire ad altre associazioni sindacali e gli articoli 11 e 14 della Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo, come interpretati dalla Corte di Strasburgo, appaia netta, evidente e non superabile in via interpretativa. Poiché “lungi dal restringere l’esercizio dei diritti sindacali dei militari, li sopprime del tutto”, intaccando anche quel nucleo essenziale di libertà sindacali “che non può non essere riconosciuto anche a favore di tali categorie di lavoratori”.
Dello stesso avviso il Tribunale Ordinario di Torino che, nel giudizio promosso da Cgil-Funzione Pubblica per far accertare l’antisindacalità del comportamento tenuto dal ministero della Difesa che aveva vietato l’autorizzazione a svolgere un’assemblea sindacale per il personale dell’ex Corpo Forestale dello Stato, ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per contrasto della normativa italiana con l’art. 117 della Costituzione in riferimento alla Cedu e alla Carta Sociale Europea, poiché, secondo la Corte di Strasburgo, le restrizioni dell’esercizio dei diritti sindacali dei militari, previste dalle varie legislazioni degli Stati, sono consentite a condizione che non si risolvano in una sostanziale privazione del diritto generale alla libertà di associazione per la difesa dei loro interessi professionali e morali, non ritenendo sufficiente l’istituzione di forme di rappresentanza militari, per nulla idonee a garantire ai lavoratori in divisa la tutela dei loro diritti.
La libertà di associazione comprende infatti il diritto di fondare sindacati e di aderirvi. L’art. 1475 comma 2, secondo il Tribunale di Torino, sarebbe “disallineato” rispetto al principio sancito dalla Cedu, benché ispirato dall’irrinunciabile esigenza di assicurare la coesione interna, la neutralità e la prontezza delle Forze armate, onde non pregiudicare la difesa militare dello Stato.
Una decisione nettamente a favore del riconoscimento delle libertà sindacali per i militari viene dal Comitato Europeo per i Diritti Sociali che, accogliendo il reclamo di Euromil (Organizzazione europea che raggruppa i principali sindacati e associazioni di militari) ha ritenuto la legislazione irlandese in contrasto con gli articoli 5 e 6 comma 2 della Carta Sociale Europea, poiché non consente alle associazioni rappresentative dei milita ri di aderire alle confederazioni sindacali irlandesi dei pubblici dipendenti, né di prendere parte alle contrattazioni collettive in tema di salari: “E’ la prima volta – ha affermato Emmanuel Jacob, presidente di Euromil – che un organismo di vigilanza europeo riconosce esplicitamente i diritti sindacali per il personale militare”.
IN ATTESA DELLE PRONUNCE DELLA CORTE COSTITUZIONALE, I FORESTALI HANNO INTANTO VINTO LA LORO BATTAGLIA PER LA COSTITUZIONE DI UNFORCED, l’Unione dei Forestali Carabinieri e Diritti, associazione fondata dopo lo scioglimento del Corpo Forestale dello Stato, che si era vista negare dal ministero della Difesa il riconoscimento, in quanto ritenuta organizzazione che aspirerebbe, di fatto, allo svolgimento di funzioni sindacali. Il decreto – a firma del ministro Pinotti – impugnato dall’Associazione, è stato annullato dal Tar Lazio con sentenza depositata lo scorso gennaio [al 12 febbraio non risulta proposto appello, ndr]. Il Giudice amministrativo, che ha accolto in pieno le tesi dei ricorrenti, rappresentati e difesi dall’avvocato Egidio Lizza, ha rilevato l’insussistenza della natura sindacale di Unforced, sulla base del suo statuto, il cui articolo 3 stabilisce che uno degli scopi del sodalizio, tra gli altri, sia quello di “adoperarsi per il pieno ed effettivo riconoscimento al personale dell’Arma dei Carabinieri e delle altre istituzioni a struttura militare dei diritti sindacali, di associazione, di libera manifestazione del pensiero e di associazione professionale in coerenza con il disposto degli articoli: 52 della Costituzione italiana, 12 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e 11 della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo e in linea con quanto avviene negli altri Stati europei a democrazia avanzata”. Il Tar rileva che nessuna delle finalità indicate dallo statuto di Unforced consente di classificare l’associazione come sindacale, vietata dall’art. 1475, comma 2, d.lgs.66/2010. Tra l’altro è lo stesso documento costitutivo a precisare esplicitamente che “l’associazione non ha carattere sindacale ed è fatto divieto assoluto agli organi nazionali e/o territoriali dell’associazione o ai soci di porre in essere comportamenti configurabili come sindacali”. Secondo l’Avvocatura dello Stato, invece, l’affermazione del carattere non sindacale dell’Associazione sarebbe un puro mascheramento poiché essa sarebbe chiaramente ricavabile dall’impegno per favorire un pieno riconoscimento dei diritti sindacali ai militari e nel concorrere a proporre riforme legislative in tal senso.
MA IL TAR LAZIO È STATO DI TUTT’ALTRO AVVISO: “Sono proprio queste considerazioni che dimostrano il travisamento delle caratteristiche dell’associazione da parte di chi aveva il compito di valutarne la compatibilità con l’ordinamento. […] Rientra nel campo della libera manifestazione del pensiero anche allo scopo di modificare l’assetto giuridico dell’ordinamento militare per quanto attiene alle libertà sindacali e politiche, fondare associazioni che si propongano questo scopo proprio perché, consapevoli di limiti attualmente posti dall’ordinamento, vogliono promuovere le condizioni per superare tale assetto ritenuto non più conforme all’ordinamento giuridico nazionale ed internazionale attualmente in essere”. Per tali motivi il Tar Lazio ha annullato il diniego alla costituzione di Unforced.
UN’ALTRA VITTORIA PER IL GIOVANE AVVOCATO LIZZA, che dichiara: “La pronuncia del Tar è puntuale e rigorosa nello smentire una decisione, supportata peraltro da un diffuso parere dell’Avvocatura dello Stato, che è tuttavia apparsa in palese contrasto con il, pur restrittivo, assetto normativo attuale sulla libertà di associazione e sindacale dei militari. Ricordiamo che, al riguardo, la giurisprudenza in passato era stata ben poco incline alla risoluzione di questioni analoghe in senso favorevole ai dipendenti. Da un lato, dunque –prosegue Lizza – viene facile la considerazione secondo cui, evidentemente, il provvedimento era davvero eccessivo ed ingiustificato, dall’altro, non può non cogliersi l’eco di un rinnovato pensiero giuridico che rivolge l’attenzione alla circostanza che i tempi, forse, siano maturi per superare un assetto istituzionale che in materia non appare più conforme all’evoluzione democratica raggiunta dall’ordinamento giuridico nazionale ed internazionale. La questione sui diritti sindacali dei militari aperta dinanzi alla Consulta, la riforma Madia gravemente limitativa dei diritti dei Forestali immediatamente trasmessa anch’essa alla Corte Costituzionale, l’attenzione dell’Europa, con il Comitato europeo dei diritti sociali, che, sullo stesso tema, ha inteso aprire una procedura – che potrebbe portare ad una risoluzione anche prima dell’estate – ne sono d’altronde, il chiaro sintomo. Attendiamoci novità ed evoluzioni importanti nei prossimi mesi”.
L’IMPEGNO DEGLI EX FORESTALI PROSEGUE COMUNQUE ANCHE AL DI FUORI DELLE SEDI GIUDIZIARIE, con la costituzione della “Federazione Rinascita Forestale e Ambientale” avente l’obiettivo di tutelare la natura e, in particolare, ricostruire l’amministrazione forestale. Guidata da Maurizio Cattoi, già dirigente del CfS, la Federazione nasce dall’unione tra le rappresentanze delle sigle sindacali dell’ex Corpo Forestale e 4 associazioni di categoria: Assodipro, Ufdi, Rinascita forestale, Unforced,
“Ribadiamo – dichiara Cattoi – la necessità di rivedere profondamente la Riforma Madia a fronte delle disfunzioni e dell’aumento dei costi creati dallo smembramento delle strutture e delle competenze, fino al 2016 facenti capo unitariamente ed efficacemente ad un unico Corpo specializzato. L’attuale assetto parcellizzato in semplici e ridotte specialità dell’Arma dei Carabinieri, dei Vigili del Fuoco, della Polizia di Stato, della Guardia di Finanza e del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, sta dimostrando tutta la sua inadeguatezza funzionale ed operativa”.