Servitù, il doppio binario del Governo di Piero Mannironi per La Nuova Sardegna
SASSARI Più che uno sgarbo istituzionale è, nella sostanza, un atto di grave delegittimazione politica.
Il clima conciliante e di cauto ottimismo nel quale è stata firmata l`intesa tra il sottosegretario alla Difesa Domenico Rossi e il presidente Francesco Pigliaru non deve ingannare. Perché quel documento ignora un voto parlamentare sul futuro dei poligoni in Sardegna.
Azzera anni di lavoro complesso e approfondito di una commissione parlamentare e, soprattutto, cancella una linea politicamente condivisa sul come ridurre radicalmente la presenza delle stellette nell`isola.
Il voto del 30 maggio 2012 sulla relazione di medio termine della Commissione sull`uranio impoverito – è bene ricordarlo era stata unanime. Come dire: tutte le forze politiche avevano convenuto che le attività militari all`interno dei poligoni sardi sono potenzialmente pericolose per la salute e dannose per l`ambiente e perciò è necessario ridisegnare la mappa dei poligoni e delle servitù. Gian Piero Scanu, protagonista di quell`indagine parlamentare e relatore del disegno di legge sul riordino delle forze armate, aveva definito quel voto “storico”. Perché vincolava il Governo a prendere atto di quella relazione e di quel voto in commissione e attivare le procedure per “tagliare” i poligoni e le servitù in Sardegna. «Le basi di Capo Frasca e Capo Teulada – aveva detto Scanu – saranno progressivamente ridotte. La relazione intermedia, cioè l`atto deliberativo della commissione prevede che il Governo ci proponga, entro i prossimi quattro mesi, la propria tempistica, per le procedure di bonifica e la definitiva chiusura. Secondo me, se facessimo questa operazione nei prossimi cinque anni, sarebbe un eccellente risultato». Due poligoni, quindi, cancellati in tempi relativamente brevi e il terzo, quello di Quirra, dimezzato e trasformato in un polo internazionale di ricerca aerospaziale. E invece tutto è rimasto fermo.
Il Governo ha ignorato quella indicazione politica e i militari hanno continuato tranquillamente i loro giochi di guerra, senza cedere di un centimetro. Per dire la verità, un brutto segnale è arrivato con il decreto che ha sollevato i limiti di tollerabilità dell`inquinamento all`interno delle aree militari. Un vecchio trucco: eliminare il problema “per legge”, senza cosi bonificare aree già seriamente compromesse. C`è voluto il “gran rifiuto” di Pigliaru alla conferenza nazionale sulle servitù militari nel giugno scorso a far riemergere un problema che sembrava essere stato rimosso dall`agenda politica. Il presidente della Regione ha ricordato infatti al Governo che in Sardegna esiste un “problema servitù militari“.
Ma subito dopo lo ” strappo “, la Difesa ha cominciato a tessere pazientemente la sua tela diplomatica per depotenziare quella “mina politica” innescata da Pigliaru. Un copione per la verità già visto: impegni ad alleggerire l`attività, qualche dismissione e promesse di ristoro economico. Formalmente è il Governo che ha cercato di ricostruire il dialogo con la Regione, ma la strategia adottata sembra proprio quella sempre seguita dalla Difesa. Perché il mondo militare nel nostro Paese non è un`articolazione amministrativa complessa dello Stato, ma un blocco di potere nel quale si concentrano interessi industriali, poteri della tecnocrazia con la divisa e perfino rapporti diplomatici. Un blocco che riesce fatalmente a influenzare e condizionare la politica e i Governi, che riesce a imporre la gattopardesca strategia della conservazione. Come valutare se non in questa cornice l`intesa tra il sottosegretario Rossi e Pigliaru? E poi, per ironia del destino, Domenico Rossi è un generale e in passato è stato perfino comandante del poligono di Teulada.
Difficile pensare che il suo passato di uomo con le greche e le stellette, abbia un approccio neutro al problema poligoni in Sardegna. Il manifesto di buone intenzioni di Rossi appare davvero minimale: riduzione del calendario delle esercitazioni, la concessione di qualche spiaggia per la stagione estiva e vaghe promesse sul futuro. Ma il dato politico di sostanza è che un voto parlamentare è stato umiliato e si riprende la vecchia politica del doppio binario. Da una parte la creazione di un tavolo di concertazione che produrrà probabilmente dibattito e discussione fino alla fine della legislatura, ma non arriverà mai a un accordo di sistema. Dall`altra i programmi della Difesa che vanno avanti nonostante tutto. Come l`investimento di 20 milioni di euro a Teulada per costruire finti villaggi per addestrare le truppe o la nuova imposizione della servitù a Guardia del Moro, nell`arcipelago maddalenino. Pigliaru dovrà prendere atto che il dialogo, un dialogo vero, non sarà possibile fino a quanto ministri e generali continueranno a dire in tutte le sedi formali che i poligoni sardi non sono dismissibili. Che senso ha, infatti, trattare e confrontarsi se si sa già che per una parta il risultato finale deve necessariamente essere quello della conservazione dell`attuale mappa delle servitù? Ha ragione dunque Gian Piero Scanu a criticare duramente la strategia del doppio binario seguita dai militari e dal Governo. Ha ragione nel dire che l’unico punto di partenza possibile è il voto parlamentare .