Assodipro presidenza nazionale a cura di Salvatore Rullo s.rullo@tin.it
3 Settembre 2016
Quello che sottoponiamo ai nostri cortesi lettori e soci Assodipro, dopo un minimo di verifiche fatte, è un caso che ci pare grave e penoso , in alcuni passaggi sembra anche incredibile, per la gravità di alcuni fatti raccontati.
Certo è la versione che ci ha inviato il diretto interessato e ve la proponiamo depurata di nomi a luoghi, consapevoli che chi vorrà potrà capire o trovare facilmente l’Ente dove si scrive siano accaduti i fatti e le persone coinvolte.
Ovviamente siamo disponibili a pubblicare approfondimenti , chiarimenti o risposte se li riceveremo. Speriamo che la vicenda possa essere riportata, innanzitutto, su binari umani di normalità.
Crediamo che i termini o le frasi : “ spirito di corpo – grande famiglia – nessuno rimane indietro – il personale prima di tutto “ non siano solo parole usate con retorica senza effetti. Per quanto leggiamo in questo caso, le parole citate, sono solo parole, neanche retoriche ma stonate e vuote !
Riteniamo sia doveroso, da parte del vertice militare , nel caso il Generale Vecciarelli, un necessario approfondimento e valutazione di quanto ci hanno scritto.
Vi proponiamo il racconto di tristi fatti che vi costerà qualche minuto di lettura e vi saremmo grati, se vorrete, se ci scrivete la vostra opinione , valutazione o commento, all’indirizzo mail del presidente Assodipro ; s.rullo@tin.it grazie.
ACCADE NEL MAGGIO /2016 Sono Il Maresciallo —— arruolato in Aeronautica Militare il ——, attualmente presto servizio presso ——– . Negli anni trascorsi presso —— Stormo ho assunto sempre incarichi di responsabilità lavorando perennemente e continuativamente presso la Segreteria Comando dello Stormo, assumendo mansioni gravose e risolvendo situazioni e problemi sempre con scioltezza e professionalità lo testimoniano le sempre eccellenti note caratteristiche e uno stato di servizio composto da numerosi elogi. Ho svolto nella maggior parte degli anni incarichi di Capo Segreteria Comando con ottimi profitti, in quanto essendo anche programmatore ufficiale Microsoft ho creato programmi che ancora oggi restano indispensabili per lo svolgimento delle funzioni principali della Segreteria Comando. Circa quattro anni fà, però, la mia vita privata subì un cambiamento repentino, dove in poco tempo si consumò una dolorosa separazione, dopo ventitre anni di unione, che coinvolse e “sconvolse” oltre la mia, anche la vita dei miei due figli, di cui il secondo, di nome ———-, con grave patologia di handicap. Improvvisamente mi ritrovai a vivere in una cameretta in Aeroporto, sicuramente molto meglio dei sedili dell’auto, ma con gravissimi problemi finanziari che non solo ridussero il mio stipendio mensile a 500 euro, quando ero fortunato ed a 21 euro quando non lo ero, ma che a tutt’oggi non mi danno nemmeno la speranza di andare a trovare i miei figli. …. CONTINUA IN LEGGI TUTTO
Questa situazione finanziaria causò un meccanismo tale che, in seguito, gli psicologi/psichiatri della Cecchignola e del Celio diagnosticarono e documentarono come “stato ansioso-depressivo con attacchi di panico dovuti alla gravissima situazione finanziaria” e con piu di un anno di Aspettativa che finì l’otto gennaio 2015.
Come se non bastasse la ormai riconosciuta e disastrosa situazione finanziaria in cui mi trovavo, mi si aggiunse uno stato psico-fisico che mi impediva di affrontare ogni condizione che prima mi era normale, giramenti improvvisi di testa ed un forte disagio ed imbarazzo per la paura che qualcuno se ne accorgesse, soprattutto verso i superiori. Nonostante ciò trovai la forza, soprattutto per l’incoraggiamento di alcuni amici/colleghi, di chiedere un aiuto professionale con la possibilità di qualche missione estera sia ai miei Comandanti nelle persone del ——– (Comandante—–), Col. —— (Comandante -) ed al ——- (attuale Comandante -) e sia al mio Servizio Amministrativo, nel periodo di agosto 2015, nella persona del Ten. ———.
Mi accorsi, con mio totale stupore, che dove il sistema aveva sempre cercato di aiutare i meritevoli, con me non fu così. Infatti non solo ricevetti risposte vaghe o negative dai miei Comandanti, ma anche umiliazioni da parte del Ten——- che oltre a respingermi una pratica di rivalutazione della cessione del quinto, negandomi una speranza di vita e di rivedere finalmente i miei figli, urlandomi in faccia nel suo ufficio mi portò ad una condizione psicologica tale per la quale sono scoppiato a piangere (anche forse per le tensioni accumulate causate dalla mancanza totale di soldi). Quindi, uno stipendio da trecento/quattrocento euro mensili, mi portò inevitabilmente ad indebitamenti verso colleghi; ci fu la degradazione della mia carriera perpetrata dal Magg. allora Comandante di ———-, che per motivi a me ancora sconosciuti, mi sollevò dall’incarico di Capo Segreteria Comando dopo nemmeno una settimana di malattia, sostituendomi con ——- “non di categoria” e che, se pur senza alcuna esperienza, riuscì a svolgere l’incarico con pochissime difficoltà solo grazie al supporto del programma da me creato.
Ma essendo stato sempre un ottimo militare, al mio rientro dall’aspettativa, l’8 gennaio 2015, non solo accettai a malincuore le decisioni del mio Comandante, cioè di transitare da Capo Segreteria Comando ad addetto alla Sezione Personale, ma mi misi a completa disposizione della Segreteria Comando risolvendo piu di qualche problema. Con queste premesse, oltre ai soldi, vennero a mancare anche gli stimoli e le motivazioni, che neanche il cambio di Comandante (uscente ——-, subentrante ———) avvenuto ad agosto 2015, riuscì a migliorare, anzi!!!….
Assistere alla scena della mia vita che andava frettolosamente alla deriva senza speranze, causò il riacutizzarsi della malattia con l’esordio importante della “depressione”. Pertanto, il 4 aprile 2016 mi recai dal mio dottore di famiglia e trovai la sua sostituta, Dottoressa ———, che mi diagnosticò 14 giorni di malattia per “sindrome ansioso-depressiva con attacchi di panico”, ricordo che il suo computer era guasto e per questo trascrisse manualmente i due certificati (uno con diagnosi ed uno senza), mi chiese l’indirizzo di residenza e lo trascrisse esattamente sul certificato medico che inviai regolarmente a lavoro. Dopo circa tre giorni di malattia un collega mi chiamò al cellulare mettendomi in guardia su un possibile controllo di visita fiscale, che indubbiamente sarebbe stato effettuato nella mia cameretta nella palazzina PG. 35 stanza n° 9 , cioè la mia residenza da ormai quattro anni. La notizia di per sé non mi sorprese ma mi venne un dubbio!! Conoscendo le mansioni del mio collega, mi sorse spontaneo chiedergli come fosse venuto a conoscenza di una simile notizia, mi rispose che assistendo ad un colloquio tra il ——-, invitata a pranzo come ospite dal ——, e parlando del sottoscritto notò come il ———– caldeggiasse ripetutamente la proposta di inviarmi una visita fiscale. Essendo la mia sintomatologia reale e stando sempre in cameretta, anche volendo a causa della ormai cronica assenza di denaro non mi sarei mai potuto muovere, rimasi tranquillo aspettando invano la visita di controllo. Il giorno 18/04/2016, alla fine dei primi quattordici giorni di malattia, ritorno dal mio dottore trovando di nuovo la stessa sostituta che, anche stavolta, mi diagnostica altri 14 giorni di malattia fino al 1° maggio compreso, notai però il computer acceso e gli chiesi se potesse stamparli, ma mi rispose che non funzionava la stampante e quindi costretta a trascriverli di nuovo manualmente. Stavolta contrariamente alla scorsa non mi chiese la residenza e convinto che mettesse la stessa della volta scorsa inviai i fax a lavoro, non accorgendomi che, sbagliando, trascrisse la mia vecchia residenza, ancora memorizzata nel computer, ma in totale buona fede. La mattina del 2 maggio 2016, mi recai presso il Comando —————— (mio luogo di lavoro), per compilare il modulo da portare in infermeria per la consueta visita di idoneità che si effettua ogni volta che si rientra da una lunga malattia. Nei giorni precedenti, fui contattato dai Carabinieri di Base per ritirare una notifica importante, decisi quindi di recarmi celermente presso la Stazione dei Carabinieri per ritirare il plico. Mi venne consegnata, in busta chiusa, una lettera proveniente dal Servizio Amministrativo di Base nella quale mi comunicavano che, in conseguenza ad un errore per il passaggio al nuovo sistema M.E.F. Noipa, e quindi alla mancata meccanizzazione delle trattenute dell’assegno per il mantenimento dei figli e per il nucleo familiare ho accumulato, (non per colpa mia), un importo di 2.581.05 da corrispondere alla Sig. —— (ex moglie). Questa informazione non mi colse di sorpresa in quanto precedentemente il Ten. mi inviò anche un messaggio tramite mail istituzionale, comunicandomi che mi avrebbe tolto 150 Euro al mese e non 500.
Comunque dismesso e sempre piu depresso da queste notizie, mi avviai presso l’infermeria per la visita. Dopo alcune ore di attesa, verso le 11.00 circa, venne il mio turno e dopo un breve colloquio con la Dottoressa ———–, mi consigliò di ritornare dal mio dottore per farmi dare altri giorni, in quanto a suo parere non ero ancora idoneo, prescrivendomi un giorno di riposo dal 02/05/2016. A quel punto feci ritorno di nuovo a —— per rilasciare il modulo compilato dalla Dottoressa alla mia Sezione Personale. Fu naturale che dopo un mese di assenza mi intrattenessi a parlare con i colleghi in ufficio ed è così che dopo qualche ora trascorsa in Segreteria Comando vidi il Magg. ——– salutarmi dal corridoio chiedendomi come stessi, con frase di circostanza, gli risposi di stare bene. Dopo qualche minuto salutai i colleghi ed uscii dalla Palazzina Comando dirigendomi verso la mia auto, in quel mentre, mi accorgo di aver ricevuto due messaggi di whats app inviatimi, in sequenza di un minuto, dal Col. che recitavano testuali parole: “Deve presentarsi con URGENZA presso l’infermeria di ———- Entro oggi.” ore 12.44; altro messaggio: “Il mio messaggio è stato letto da lei quindi venga subito” ore 12.45. Naturalmente il secondo messaggio era falso in quanto li lessi entrambi alle ore 12.50. Comunque con la tranquillità di chi ha la coscienza pulita, mi recai presso l’Ufficio del Col. ——– scoprendo per la prima volta che si trattava del Capo dell’Infermeria di——–, lo salutai gentilmente e lui mi chiese naturalmente se fossi il Maresciallo ———– facendomi accomodare. Nemmeno il tempo di appoggiarmi sulla poltrona cominciò a minacciare di denunciare il mio medico di famiglia, giustamente gliene chiesi i motivi e mi spiegò che il mio medico sarebbe reo di aver erroneamente trascritto sul certificato medico il mio indirizzo di residenza, al chè gli domandai, sempre con la massima educazione, il motivo per cui avesse convocato proprio me con urgenza e non avesse proceduto a fare i suoi passi denunciando direttamente il mio medico senza scaldarsi troppo nei miei confronti, mi ha subito ammonito spiegandomi come anche io ne fossi responsabile in quanto non avessi controllato il certificato. Pensai realmente che avesse ragione, e gli dissi di non esserne a conoscenza di quell’errore e che la notizia la stavo apprendendo in quel momento. Mentre il —— continuava con le sue minacce, pensai dentro di me che qualcosa non andasse, in quanto la richiesta di visita fiscale viene richiesta dal mio Comando con un telegramma dove viene riportato l’indirizzo di residenza. Quindi sostenni tra me che l’errore venisse dal mio Comando e quindi la colpa sarebbe stata da tante parti. Comunque non sopportavo di essere ripreso in quel modo minatorio e intimidatorio senza la possibilità di difendermi, essendo stato preso alla sprovvista. Sarei voluto restare da solo e riflettere su quello che stesse accadendo. Si notava certamente la mia voglia di chiudere quella incomprensibile conversazione e, chissà, magari con la possibilità di difendermi tramite gli organi competenti in caso mi avesse denunciato realmente, ma il ———–, vedendo sfuggirsi di mano la situazione e non sapendo più come poter trattenere la mia attenzione, dichiarò che in base alla mia sintomatologia non sarei stato in grado di guidare l’auto e quindi si trovava costretto a ritirarmi la patente. Mi ricordo benissimo che la sua versione della mia sintomatologia fu diversa da quella descritta sul mio certificato, infatti replicai immediatamente dicendogli che io non ero affetto da quello che aveva detto lui ma solo da stati ansioso-depressivi con attacchi di panico. Chiamò, stizzito, telefonicamente un Maresciallo dell’infermeria dicendogli di portargli i miei certificati medici. Dopo due minuti entra il Maresciallo, che rimase in piedi davanti alla porta, e consegnò i certificati nelle mani del ———-, il quale, accorgendosi che avevo ragione mi guardò dicendomi che tramite una commissione esaminatrice avrebbe potuto comunque sospendermi la patente. Non avendo nessun argomento per replicare alla sua dichiarazione, gli dissi che volevo andare via restando in attesa che la commissione mi chiamasse per giudicarmi. Il Col. ——— mi intimò, di rimanere seduto e non andarmene, infastidito da tale arroganza gli ricordai comunque che stavo usufruendo di un giorno di riposo che, poche ore prima, proprio l’infermeria stessa mi aveva concesso e quindi tutti i diritti di andarmene a casa a riposare; replicò dicendomi che non era stato lui a darmi il giorno di riposo ma un’altra dottoressa ed io ribattei ricordandogli che, essendo proprio lui il Responsabile dell’infermeria principale, avrebbe dovuto sapere. Vedendo una simile scena, venni assalito da mille dubbi e da troppe domande a cui non non sapevo rispondere, ma soprattutto mi chiesi e gli chiesi perché proprio lui che era un dottore, volesse farmi questo, sapendo che aggravava di non poco il mio stato psico-fisico e tutti i miei problemi, ma senza ricevere risposte.
Infatti da li a poco una vampata di calore mi avvolse il viso e poi tutto il corpo, il cuore sembrava impazzito, le mani sudatissime e la testa cominciò a girarmi forte, sapevo che ero in preda ad un attacco di panico e quindi lo pregai di lasciarmi uscire per andarmene a casa, sperando che, proprio lui essendo Dottore, avesse capito il mio stato in quel momento. Capendo che nemmeno il mio stato riusciva a convincerlo allora mi alzai ed uscii dal suo ufficio e mi avviai con passo veloce e spedito verso la mia auto che si trovava a pochi metri, ma lo stesso Colonnello, non contento, mi seguì di gran carriera urlando: “Maresciallo si fermi lei non può guidare” e non riuscendo a raggiungermi ordinò ad un altro Maresciallo che si trovava nelle vicinanze: “Maresciallo!! Fermi quella persona”, indicando con il dito verso di me. Entrai velocemente in auto feci manovra di retromarcia ed inserii la prima marcia ma alzando gli occhi mi ritrovai il Col. ——— davanti la mia auto impedendomi di fatto ogni piccolo movimento in avanti in quanto sarebbe stato pericoloso per la sua incolumità fisica. Dal mio finestrino lato guida ascoltai la sua voce, che come una nenia, insisteva a ripetermi di parcheggiare l’auto perché non potevo guidare con gli stati di ansia. Allora accesi la radio per cercare di soffocare la pressione che sentivo spingere sempre piu forte nel petto. Dopo circa venti minuti passati dentro la mia auto ferma con il motore acceso, cominciai a pensare che a chiunque avessi raccontato una storia del genere non mi avrebbe creduto. Quindi accesi la videocamera del mio cellulare e cominciai a riprendere l’incredibile accadere degli eventi ( n.d.r. noi abbiamo visto il video con il Col….. che impediva il libero transito mettendosi davanti all’auto ) . Dal video, che ancora ho registrato nel mio cellulare, si evince chiaramente che con il cellulare in mano e con le gambe appoggiate sul mio paraurti anteriore, il ——-, si appresta a chiamare tutte le istituzioni Aeroportuali nemmeno fossi un criminale che sta fuggendo dalla scena del delitto. Ad un certo punto per far capire bene la situazione a chi avrebbe visto il video, spensi la radio e cominciai a fargli domande per poter avere delle risposte sul perché di tutto ciò, fino a quando finalmente persi la pazienza e gli dissi testualmente: “Denunci il mio medico e non rompa i coglioni a me” questa frase lo fece sobbalzare dall’ira e si nota benissimo che con aria minacciosa si avvicina allo sportello della mia auto con eccessiva aggressività dicendomi: “ma chi cazzo ti credi di essere”, bhè giustamente avevo peccato di “lesa Maestà”, quindi anche io scesi di scatto dalla mia auto ed il telefono mi cadde mentre aprii lo sportello e si spense, e gli risposi a tono: “ ma tu chi cazzo pensi di essere”. Ricordo che nel frattempo erano presenti, a distanza di qualche metro, il ——–, il ——– accompagnato da due o tre Marescialli, l’Ufficiale d’Ispezione e altri militari che non riconobbi molto bene. Nel frattempo, due Marescialli del Gruppo Difesa, che conosco da tempo, mi chiesero gentilmente di parcheggiare e scendere dall’auto per non aggravare la situazione nei miei confronti. Così feci e notai il piazzale dinanzi il Pronto soccorso dell’Infermeria principale ormai pieno di “Autorità” che intorno al ——— ascoltavano intenti la sua versione dei fatti e mi guardavano in cagnesco, non so di certo con esattezza cosa gli stesse dicendo, ma sentii che avrei tentato di investirlo per poter fuggire, naturalmente non era vero anche perché non credo esista un tentativo di investire una persona, o la si investe o non la si investe. Comunque esasperato dalla situazione mi avvicinai a lui e gli dissi che era un gran bugiardo. Dopo pochissimo tempo arrivarono anche i Carabinieri di Base che, conoscendo alla perfezione il loro lavoro e con estrema professionalità, raccolsero entrambe le testimonianze senza fare distinzioni di gradi. Ci fecero di nuovo accomodare di nuovo nell’Ufficio del ——— e chiedendo i documenti cercarono di calmare le acque facendoci raccontare a grandi linee gli eventi occorsi. Nell’Ufficio era presente anche il ————. I Carabinieri con grande maestria riuscirono a districare la matassa. Costretti, comunque, a chiedermi le chiavi dell’auto per la situazione che si era venuta a creare, gliele consegnai e cominciai ad incamminarmi a piedi per le lunghe strade dell’Aeroporto, piansi per sfogare la tensione e cominciai a preoccuparmi di chiamare qualcuno che potesse portarmi al di fuori dall’Aeroporto, ero nervoso e tremavo. Rimasi quindi senza nemmeno un euro in tasca, senza auto e con un ennesimo attacco di panico in corso e soprattutto non avrei avuto nessuno che potesse aiutarmi a causa dei tre anni passati a fare “vita di caserma” facendo “terra bruciata” al di fuori. Le uniche persone rimaste erano i soliti amici/colleghi con cui ho lavorato per venticinque anni a stretto contatto. Sapevo che chiedendogli aiuto li avrei messi in cattiva luce con il mio Comandante e quindi temporeggiai, camminando pensai di telefonare a mia cugina avvocato raccontandogli l’accaduto, rimase sconvolta, a primo impatto cercò di calmarmi e poi, essendo a conoscenza anche delle regole e delle leggi militari essendo sposata con un Ufficiale dell’Esercito Italiano cominciò a sciorinare una serie di violazioni e, addirittura, reati commessi contro la mia persona consigliandomi di denunciare al più presto. Quella telefonata non mi tranquillizzò assolutamente , anzi, aumentò il mio nervosismo perché non riuscii a capire i motivi di questa persecuzione personale. Nel frattempo incrociai un auto con un collega a bordo che mi salutò, era il ———-, vedendomi in quello stato si fermò e preoccupato mi chiese cosa stesse succedendo e gli risposi, con le lacrime agli occhi, che ce l’avevano tutti con me e che non ce la facevo più di questa assurda persecuzione nei miei confronti. Mi decisi comunque di chiamare i due amici/colleghi che percependo la mia agitazione vennero di corsa in mio soccorso. In auto gli raccontai quanto accaduto, ed increduli mi consolarono, mi condussero ad un bar all’interno dell’Aeroporto dove mi pagarono una pizzetta e mi convinsero a recarmi dai Carabinieri di Base per raccontare anche la mia versione dei fatti. Ascoltai e seguii ogni loro consiglio in quanto essendo ottimi amici riuscirono a sedare la rabbia che ancora mi portavo dentro. Andammo insieme dai Carabinieri per raccontare la storia completa anche nella mia versione al vice Comandante della Stazione, che con molta professionalità ed infinita comprensione, capì la situazione. Dopo circa un’ora di colloquio, vedendomi ormai tranquillo e rilassato, decise di riconsegnarmi le chiavi dell’auto e per precauzione mi fece scortare dai miei colleghi con la loro auto. Nel tragitto per arrivare all’uscita dell’Aeroporto mi arriva la notizia che il ———- mi diffida all’ingresso ed al transito presso ———., mio luogo di lavoro da molti anni, ennesimo ordine a mio danno peraltro mai attuato nella storia per nessun altro ed in condizioni molto peggiori delle mie. Ma finalmente uscii dall’Aeroporto ed ebbi, come non mai nella mia vita militare, un senso di liberazione da un incubo, un senso di disgusto verso un sistema, che con i suoi tentacoli ed a vari livelli, ha cercato di distruggermi anziché aiutarmi, come ha sempre fatto con i più meritevoli, senza capirne i motivi. Non ho mai dato colpe a nessuno per questo periodo tragico trascorso senza un euro per interi mesi, lontano dai miei figli e vivendo da eremita, in quanto da uomo e da buon militare, ho sempre accettato e affrontato le mie responsabilità senza lamentarmi eccessivamente, ma dall’accaduto del giorno —- maggio 2016 si capisce molto chiaramente che il forte accanimento contro la mia vita privata e professionale di alcuni personaggi mi ha creato un ambiente talmente ostile che mi sarà ormai impossibile combattere, vista anche la mia grave patologia che mi ha causato.