Riforma Rappresentanza militare: per Natale pronta la tombola sulla ruota Parigi-Roma.
A cura di Daniele Di Chio Delegato Co.Ba.R. Marche e Co.I.R. dell’Italia Centro Settentrionale della GdF ;
tratto da sicurezzacgs.it
Prendiamo atto che la Commissione Difesa della Camera ha di fatto deciso di costituire un asse Parigi-Roma sulla riforma della Rappresentanza militare, nel poco edificante tentativo per lo Stato italiano, di arginare ancora una volta e nel terzo millennio, le legittime aspettative dei cittadini in divisa.
Il personale delle Forze di Polizia ad ordinamento militare e delle Forze armate, chiede a gran voce da troppo tempo il riconoscimento dei diritti inviolabili da parte dello Stato italiano, al fine di tutelare legittimamente i propri interessi professionali, nella consapevolezza dei doveri istituzionali e convinti non solo di essere soggetti di diritto, ma anche che una reale, indipendente e libera rappresentatività degli interessi dei lavoratori in divisa produrrebbe – nelle Amministrazioni – l’abbandono di certi usi distorti, noti alle cronache, di malvezi e, a volte, anche di qualche abuso.
Le recenti sentenze della Corte europea dei diritti dell’Uomo contro la Francia, che vanno ad inserirsi nel solco della giurisprudenza consolidata della citata Corte, hanno ribadito che tutti i cittadini europei hanno diritto di aderire e di fondare organizzazioni sindacali e che tale diritto – per i militari, i poliziotti e gli impiegati pubblici – può essere solo in parte limitato nell’esercizio di talune tipiche funzioni e comunque entro il perimetro del riconoscimento della libertà sindacale e secondo il principio di proporzionalità.
Di contro, la Francia e l’Italia, nell’anno del Signore 2015, danno ancora fortemente la sensazione di voler resistere alla naturale evoluzione del progresso sociale e giuridico-funzionale dello Stato, tanto che il recente disegno di legge della Francia, approvato per ora da un solo ramo del Parlamento, continua a vietare la costituzione di sindacati limitandosi a riconoscere un associazionismo professionale sottoposto a vincoli farraginosi, afunzionali e, almeno per la nostra Carta costituzionale persino illiberali.
Per i militari d’oltralpe, infatti, le associazioni dovranno essere riconosciute dal Ministero della Difesa, dovranno rappresentare almeno tre Forze armate, anche attraverso la costituzione di federazioni, e i suoi membri potranno essere inseriti, fino al massimo di un terzo, nel Consiglio Superiore della Funzione militare, presieduto dal Capo di Stato Maggiore della Difesa. Tale ultimo organismo rimane l’organo di rappresentanza dei militari. Per entrarne a far parte il personale dovrebbe essere scelto attraverso un sorteggio, tra coloro che si saranno dichiarati disponibili.
Per apprendere le modalità di adesione della Francia al dettato giurisprudenziale della Corte europea e l’eventuale condivisibilità del progetto da parte del nostro Paese, la Commissione difesa della Camera dei Deputati ha inviato la relatrice del provvedimento di riforma della Rappresentanza, la deputata Rosa Vilecco Calipari e la pentastellata Manuela Corda a colloquio con la Presidente della Commissione Difesa dell’Assemblea nazionale francese, l’onorevole Patricia Adam. Dall’incontro è emersa, per ammissione della stessa Calipari, una sostanziale differenza tra la nostra Rappresentanza militare e quella francese, per certi versi più arretrata della nostra e quindi le due discipline sembrerebbero non sovrapponibili.
Ci irrita, tuttavia, apprendere che i nostri parlamentari, la cui operatività è stata mossa dal tentativo di arginare la portata progressista delle sentenze Cedu, rivolgano l’attenzione unicamente ai Paesi conservatori, senza prendere a modello le ultradecennali esperienze dei Paesi del nord Europa come la Germania, che all’indomani della seconda guerra mondiale ha concesso la libertà sindacale ai propri militari come vaccino contro le spinte estremiste di cui la Germania nazista (e non solo!) fu facile preda nel secolo scorso.
Appare, inoltre, paradossale che i parlamentari della commissione difesa non abbiano, sinora, saputo cogliere l’esigenza della misura della proporzionalità, di cui devono assolutamente tener conto nella limitazione del diritto di libertà sindacale, che la carta europea ritiene possa essere applicato nei confronti di militari, appartenenti alle Forze di polizia ed impiegati pubblici, ammettendo, di fatto, l’esigenza di un corretto bilanciamento tra compressione dei diritti e funzioni pubbliche svolte. Ed infatti, al personale della Guardia di Finanza che svolge operazioni di polizia, il diritto di aderire e/o fondare organizzazioni sindacali viene completamente annullato al pari di quanto avviene per i militari.
Infine, troviamo davvero sorprendenti le dichiarazioni dell’onorevole Calipari in merito all’arricchimento del ruolo della Rappresentanza militare che sarebbe stata portata dai rappresentanti del Cocer dell’Arma dei Carabinieri, i quali avrebbero “mutuato e trasposto nel contesto delle Forze armate, alcune delle prassi negoziali adottate dai sindacati delle Forze di polizia”. Senz’altro alla Calipari sfugge, in quanto non vi ha mai preso parte(!) che il ruolo di concertazione, nelle dinamiche di rinnovo contrattuali sono svolte dai Cocer, sin dal lontano 1995, sullo stesso tavolo dei sindacati di polizia, che hanno quindi potuto fare, essi sì senza alcun dubbio, “da buoni maestri” senza bisogno di improbabili intermediari. Riteniamo, invece, che nel ristretto ambito dei Cocer, si siano ampiamente ed oggettivamente distinti per coerenza, rispetto dei principi liberali citati, nonché per libertà ed indipendenza di pensiero, i Cocer della Guardia di Finanza e dell’Aeronautica, che da sempre hanno rappresentato la volontà provenienti dalla base, in oggettiva controtendenza rispetto alle teorie conservatrici degli Stati maggiori e anche di coloro che, troppo spesso, hanno fatto finta di rappresentare il personale.
Infine, da ambienti vicini al Partito Democratico, sembrerebbe che l’idea del sorteggio per determinare i rappresentanti del personale non sia dispiaciuto ad alcuni parlamentari della maggioranza ed avrebbe trovato il favore degli Stati Maggiori della Difesa, tanto da pensare di replicare, almeno in parte, il modello francese, magari per attenuare il fenomeno della rieleggibilità, che tanto ha inciso nella determinazione di una continuità di pensiero coerente, indipendente, progressista e liberale. Tuttavia, se i Cocer e le Associazioni non terranno alta la guardia, dal prossimo mandato i rappresentanti del personale in divisa non saranno altro che numeri utili a giocare la tombola sull’asse Parigi-Roma, nelle mani dei soliti generaloni. Un asse che conduce inevitabilmente alla negazione dei diritti inviolabili ed alla consequenziale proclamazione degli usi e dei privilegi da consuetudine.