a cura di Giuseppe Pesciaioli
Sarebbe ora che il Governo in carica, prendesse atto della evoluzione introdotta dalla Corte Costituzionale in merito alla possibilità per i i militari italiani di costituire associazioni a carattere sindacale.
Dico ciò per una considerazione che nasce spontanea da un dato di fatto ineludibile quanto incontestabile.
Il passato ci ha insegnato, che aldilà delle promesse elettorali, una volta arrivati a ricoprire gli incarichi di Governo, i partiti e in questo caso anche i Movimenti, nicchiano sulle attività legislative in merito ad alcuni argomenti, in questo caso il pieno esercizio dei diritti sindacali per i militari.
Non entro nel merito della circolare emanata dal Ministro Trenta, sul quale sarebbe da aprire un serio confronto sulla legittimità della stessa quando preclude ogni tipo di attività confederata dei nascenti sindacati militari in antitesi alla normativa vigente al quale si richiama la suprema Corte, visto e considerato che nelle more della sentenza si esprime un “nulla osti” ad esercitare tale diritto delle competenze che sono attualmente riservate al COCER, intendendo in questo caso tutte le prerogative previste ovvero anche il confederarsi, in quanto forse è sfuggito il fatto che il COCER interforze è già una confederazione di rappresentanze di tutte le forze armate.
Quindi appare evidente che la limitazione ad istituire sindacati unitari, è di per se una forzatura se non una plateale contraddizione insita nella sentenza stessa, che solo il legislatore, ai dati di fatto, potrebbe dirimere con una legge che sani tali paradossi del possibile impossibile.
Quindi siamo in presenza di una situazione, che oltre a non trovare nessun riscontro oggettivo nella legislazione italiana in merito all’esercizio sindacale dei propri diritti, comprime inspiegabilmente e senza una logica sequenziale non contraddittoria, quello che si vorrebbe attuare ma che non si concede e rimane il mistero del perchè no.
Parlando con parole terra terra, oggi abbiamo una supremazia rappresentativa dei COCER, che un organo Costituzionale ha definito superata ma che continua ad operare per nome e per conto del personale militare, per giunta strapagato e con notevoli spese di risorse economiche anche dal punto di vista gestionale, senza però portare nessun beneficio concreto e tangibile all’intero personale militare, in quanto lo stesso organismo rappresentativo è comunque soggetto ad una serie di restrizioni e condizionamenti, che mal si conciliano con quanto dovrebbero e non possono rappresentare.
Quindi alla fine dei conti una rappresentanza di se stessi, con un mandato quadriennale, senza nessun confronto esterno e senza la possibilità di verificare strada facendo, se le decisioni prese in ambito della rappresentanza stessa siano o meno in linea con quanto auspicato dal personale rappresentato.
Il Ministro Trenta dovrebbe prendere atto di tale assurda contraddizione e iniziare seriamente a fissare una data di approvazione di una legge, che non solo mettesse fine ad una commistione di interessi inconciliabili (una dirigenza militare a capo di una rappresentanza che a sua volta sarebbe oggetto di contenzioso) e definire inoltre i paletti normativi, che finalmente traccino una linea di demarcazione chiara tra chi deve rappresentare e chi dovrebbe risolvere i problemi; se chi rappresenta è la stessa persona o incarna la stessa categoria che è oggetto del contenzioso, siamo di fronte ad un mostro giuridico del giudice che giudica se stesso e dovrebbe prendere decisioni su problemi che lui stesso ha generato o mai risolto.
In questo periodo stiamo leggendo, tra l’altro, vari comunicati stampa dei COCER, che continuano ad utilizzare termini avulsi al sentimento e alla dignità del personale militare, paragonabili a espressioni poco dignitose e fuorvianti, rispetto alla soluzione dei problemi.
Siamo rammaricati, frustrati, dispiaciuti, disagio etc etc, evocano un linguaggio subdolo e poco efficace se non addirittura poco dignitoso nei confronti di chi, invece, vorrebbe avere un riscontro di effettiva capacità di saper decifrare il problema e successivamente prospettare una soluzione; vorremmo leggere proposte non proclami, studi analitici reali non approssimazioni.
Siamo infelici o dispiaciuti non è una proposta, bensì un piagnisteo; diverso sarebbe se il COCER dimostrasse quella maturità, che difronte ad una discussione tecnica esprimesse padronanza di linguaggio e capacità interpretativa e politica, che oggi non vedo e raramente ho notato nel corso degli anni nei vari mandati.
Manca, in sintesi, una identità certa di cosa sia realmente oggi l’esigenza del personale militare e paradossalmente proprio la confederazione di più sindacati di forze armate, che collaborando strettamente, con uno scambio continuo e costante di informazioni utili a tutta la compagine militare, evitando sperequazioni e ripristinando il concetto di status di militare indipendentemente dall’appartenenza ad una forza armata o un’altra, sarebbe capace di esprimere però assurdamente vietata.
Quindi a che gioco stiamo giocando? Vogliamo risolvere una volta per tutte questa assurda quanto inutile e dispendiosa prassi della rappresentanza militare, oppure siamo alle solite “si cambia tutto per non cambiare niente”?
Una piccola riflessione Signora Ministro Trenta, secondo lei sarebbe meglio avere un confronto Governo – Organizzazioni Sindacali dei Militari Confederate, che prospettano una sintesi non sintetica di come affrontare uniformemente una problematica o avere una dispersione di opinioni e soluzioni tali da ingenerare un caos interpretativo da cui non se ne viene più fuori?
E se mi permette, vorrei aggiungere, non sarebbe il caso di regolamentare anche le effettive responsabilità dirigenziali militari, evitando che le stesse siano allo stesso tempo rappresentanti e rappresentati? Ovvero forse se proprio vogliamo ragionare n termini di effettiva capacità rappresentativa del personale militare e delle sue esigenze reali, la dirigenza mal si concilia con una rappresentanza dei problemi da risolvere, in quanto se tale assunto sarebbe vero, allora non dovremmo avere nessun problema, invece abbiamo gli stessi problemi di sempre che si ripresentano sempre alla stessa maniera e rimangono tali.
Io auspico, Signora Ministro, che lei si faccia promotrice di una seria analisi in questo senso, ovvero dare a Cesare quel che è di Cesare, a ognuno le sue responsabilità specie quelle manageriali del saper gestire un’organizzazione complessa come quella delle forze armate, sottolineando che se le comunicazioni, che arrivano al legislatore sono tali da far varare norme che dopo appena un anno (riordino delle carriere ad esempio) bisogna rimettere mano, vuol anche dire che tali informazioni erano difettate forse anche a vizio per ottenere risultati, che agevolassero alcune categorie a discapito di altre per un fine non certo istituzionale ma di categoria di appartenenza
Da qualche parte bisognerà pur cominciare a fare dei distinguo, senza nulla togliere a nessuno, però è lapalissiano prendere atto del fatto, che le forze armate italiane hanno un numero tali di dirigenti, che non hanno personale da dirigere e con l’ultimo riordino delle carriere possono percepire anche straordinari (altra assurda norma introdotta) per non dirigere nessuno, qualche problema ce l’abbiamo.
Ma perchè tutto questo? Perchè la politica ha abdicato agli stati maggiori competenze che sono prerogative del Governo e del Parlamento.
Ecco, il vero cambiamento sarebbe questo, far riappropriare il Parlamento della prerogativa della decisione consapevole, nel senso che una seria rappresentanza sindacale del personale militare, meglio se confederata, potrebbe aiutare la politica a trovare soluzioni idonee all’assolvimento del compito istituzionale delle forze armate, magari anche risparmiando su molte spese inutili e distribuendo al personale le risorse disponibili senza creare quelle ingiustizie macroscopiche a cui ci hanno abituati i governi passati, quando pedissequamente avvallavano le ipotesi prospettate da generali a capo della rappresentanza e anche (assurdità nella assurdità) direttori generali di persomil (praticamente l’antitesi e la tesi in un’unica persona).
Poi, in ultimo, secondo Lei la divisione settoriale dei sindacati dei militari per ogni forza armata, non potrebbe generare un campanilismo esasperato invece che un’osmosi di trattamento giuridico ed economico uguale per tutti i militari?
E aggiungo, ma un marinaio, un fante, un aviere, un carabiniere o un finanziere, perchè dovrebbero sentirsi non militari nell’esercizio dei propri diritti e militari solo nei confronti del dovere, quando lo status dei militari nel nostro ordinamento è unico per tutti e quello di cittadini non prevede nè consente differenze?
Bisognerebbe avere paura delle verità non dette, non di quelle che potrebbero essere dette.
A noi di Assodipro piacciono le parole trasparenza, democrazia, condivisione, soluzione e onestà, come credo a chiunque cittadino italiano che vuole vedere al proprio futuro con speranza ed ottimismo.
Presidente Assodipro
Presidente di ASSODIPRO dal 25 ottobre 2018 a novembre 2020, attualmente Vice Presidente
Laureato in Sociologia Indirizzo Economico ed Organizzativo del Lavoro
Attualmente militare in Riserva