NEMICI INTERNI DEI DIRITTI SINDACALI A TUTELA DI TUTTI I MILITARI cercano di annientare lunghi anni di democratiche battaglie per i diritti. Per la Democrazia e per i diritti, vanno sconfitti.

A cura di Assodipro Nazionale 
Nel leggere l’ articolo di Eliseo Taverna ( Segretario dell’ Associazione Sicurezza CGS ) , che vi proponiamo in fondo, troviamo conferma a quello che denunciamo e sosteniamo da anni. Nemici interni dei DIRITTI dei MILITARI che dichiarano apertamente, con motivazioni vuote e tesi astratte solo a difesa di personali posizioni di privilegio,  di voler mantenere i militari italiani in un sistema di NON rappresentanza e di NON tutela. 
I NEMICI, più pericolosi e subdoli, dei DIRITTI e TUTELE vere e SINDACALI dei MILITARI sono proprio alcuni di quelli che, attualmente come già accaduto, sono interpreti di un sistema di Rappresentanza Militare che è solo un Sindacato Giallo.
I NEMICI DEI DIRITTI E DELLE TUTELE PER TUTTI I MILITARI su fattori importanti come Lavoro e Salute, cosa TEMONO che accada con Diritti Associativi e Sindacali per i militari, concessi in Europa con 40 associazioni e sindacati militari di 23 paesi Europei ? TEMONO di perdere privilegi concessi agli attuali interpreti della Rappresentanza Sindacato Giallo ? Temono un vero sistema elettivo nazionale e pienamente democratico ? Temono di rimanere nudi e impotenti senza le veline e gli indirizzi dei vertici dai quali dipendono gerarchicamente in quanto gerarchicamente strutturati ? Temono che crolli la loro autoreferenzialità, senza confronto con la base, tale  che spesso appaiono dei portavoce del Comando Generale o dei Vertici ? Pensano che si possa ignorare e occultare per sempre, come fanno attualmente e scientificamente, in modo dannoso per i colleghi tutti, sentenze della Corte Europea e prossime ulteriori sentenze nazionali ed europee che rispecchiano l’evoluzione della democrazia e dei diritti ? Taluni pensano di potersi nascondere dietro la richiesta di una “ Riforma della Rappresentanza “, ripetendo come un mantra la preghiera di fare una riforma che sarebbe una foglia di fico, mentre si dovrebbe parlare solo di Sindacato per i Militari buttando a mare il ritornello “ riforma della rappresentanza “ che è solo alibi per una proroga, l’ennesima,  del mandato, cosa impossibile con un sindacato vero ? Temono di affrontare i temi della tutela del personale con più mezzi, strutture autonome ed in modo reale ed efficace ?  A CHI FA COMODO spendere 4 milioni di euro all'anno di soldi pubblici, per mantenere un sistema di Rappresentanza Militare Sindacato Giallo che non serve al personale ? A CHI FA COMODO spendere 4 milioni all'anno pur di negare un vero strumento di tutela sindacale ai militari ? 

  Quello che segue è il testo dell’articolo di Eliseo Taverna,  Segretario dell’ Associazione Sicurezza CGS, tratto dal sito www.sicurezzacgs.it .   

Quando trent’anni di battaglie per i diritti sindacali vengono annientati proprio da chi rappresenta il personale. Di Eliseo Taverna   
Ipotizzare che chi nel proprio ruolo di rappresentante dei lavoratori, a prescindere dal comparto, possa avere visioni diverse su come migliorare le condizioni salariali o lavorative dei propri rappresentati appare una cosa del tutto normale e fisiologica, che attiene alla diversità di strategie su come svolgere il proprio mandato e nella vision che, ognuno, si è prefissato per raggiungere certi obiettivi. Immaginare, invece, che chi rappresenta il personale possa essere contrario ad ampliare l’inconsistente sfera di rappresentatività che oggi gli viene attribuita, mediante il riconoscimento delle libertà sindacali, è molto difficile da comprendere e da accettare. 
Vedere, poi, che esistono diversi rappresentanti del personale, ai massimi livelli, delle varie forze armate ma anche della Guardia di Finanza, ai livelli di base, che non solo sono contro le libertà sindacali e lo dichiarano più o meno apertamente, ma addirittura demonizzano le organizzazioni sindacali, attribuendo ad esse eccessiva frammentazione, di essere portatrici delle peggiori nefandezze, nonché la causa di tutti i mali di cui sono afflitti i lavoratori, anche quelli in uniforme, costituisce un certo paradosso ed una vera contraddizione. Come antitodo, qualcuno arriva ad evocare, di contro, il riconoscimento calato dall’alto, di una sola organizzazione pseudo sindacale, che abbia la capacità giuridica di rappresentare tutto il personale, in barba ad ogni minima forma di pluralismo; per capirci meglio, tipo l’Associazione Nazionale dei Magistrati, dimenticando non solo che la magistratura è il terzo potere dello Stato ma anche che il percorso che ha portato alla costituzione ed alla legittimazione dell’ANM è stato contraddistinto da ostracismo e da azioni di destituzione di valorosi magistrati che avevano osato associarsi. In pratica un’organizzazione che operi in una sorta di regime di monopolio della rappresentatività sindacale di un Corpo armato o addirittura di un intero comparto. 
Eravamo abituati a veder ricoprire questo ruolo, di totale svilimento del sindacato, solo agli alti dirigenti delle Amministrazioni militari, che non perdono occasione per evocare scenari apocalittici qualora il Governo ed il Parlamento dovessero malauguratamente dare anche piccoli segnali di convincimento della necessità e dell’obbligatorietà, imposta dalla cogenza delle sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, di garantire anche al mondo militare le libertà sindacali. 
Ormai ci siamo dovuti ricredere! 
La storia ci ha consegnato scenari del passato che ci hanno costretto ad assumere l’onere di vedere all’opera imprenditori agricoli, industriali, grossi commercianti che con le loro azioni demonizzavano il sindacato ed addirittura ne costituivano alcuni di comodo, meglio conosciuti come “sindacali gialli” tenuti in vita dalla classe imprenditoriale, proprio per poter condizionare le politiche di rappresentanza dei lavoratori che cercavano di alzare la testa e di rivendicare le prime forme di tutela delle condizioni di lavoro. Abili alchimie, con le quali venivano regolarmente condizionate elezioni e dinamiche di rappresentanza e che solo con l’emanazione dello statuto dei lavoratori avvenuto nel 1970 furono tassativamente perseguite e vietate per legge. Da questa esperienza di vita, purtroppo,  sembra che molti non abbiamo tratto alcun insegnamento. L’articolo 39 della Costituzione, precisamente il primo comma, recita che l’organizzazione sindacale è libera; tradotto: ognuno può costituire un’organizzazione sindacale senza particolari formalità, proprio in forza al principio che vede emergere l’esigenza di lasciare piena libertà ai lavoratori di potersi organizzare e portare avanti le proprie esigenze in un contesto democratico e pluralistico, così come, di contro, ad ognuno di essi è lasciata la libertà di aderirvi o meno.
L’unica condizione, pertanto, l’avere uno statuto a base democratica, proprio per evitare condizionamenti dall’esterno. Una previsione, quella costituzionale dell’articolo 39, sancita dai padri costituenti, che trae spunto e trova la sua ragion di esistere dalle ceneri di un’esperienza drammatica, altamente negativa, vissuta durante la vigenza del regime fascista, che vide un corporativismo autoritario consentire un solo sindacato per categoria, peraltro legittimato ed apprezzato quando in accordo con lo stesso regime. Anche il riconoscimento delle libertà sindacali al personale delle forze di polizia e delle forze armate è un esigenza che viene da lontano e che ha visto già dagli anni settanta persone che indossavano un’uniforme portare avanti, sulla propria pelle, battaglie per il riconoscimento di quei diritti elementari che venivano regolarmente calpestati. 
Grazie a questi nobili pionieri dei diritti, la fine degli anni settanta ed inizio degli anni ottanta furono quelli della vera svolta che videro la riforma, la smilitarizzazione e la sindacalizzazione del Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza e costituirono il viatico per il riconoscimento di alcuni diritti basilari a tutti gli operatori del comparto difesa e sicurezza, che da quel momento ebbero regolari contratti di lavoro, un orario di servizio ed il diritto allo straordinario. Qualche anno prima, la paura che il processo di riforma della P.S. che si intravedeva all’orizzonte potesse avere un effetto domino anche sugli altri corpi militari aveva indotto il Governo ed il Parlamento ad approvare la legge 382 del 78 “Norme di principio della disciplina militare”, che con l’articolo diciotto  istituiva gli Organismi della Rappresentanza Militare e, nel contempo, con l’articolo otto sanciva il divieto di poter esercitare il diritto di sciopero, costituire associazioni professionali a carattere sindacale ed aderire ad altre associazioni sindacali. 
Il Consiglio di Stato, IV sezione, investito dell’appello presentato da alcuni militari avverso la sentenza 29 luglio 1994, n. 1217, del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sollevava, in riferimento agli artt. 3, 52, terzo comma, e 39 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, primo comma, della legge 11 luglio 1978, n. 382 (Norme di principio sulla disciplina militare), nella parte in cui vietava agli appartenenti alle Forze armate di costituire associazioni professionali a carattere sindacale e, comunque, di aderire ad altri sindacati esistenti. Secondo l’alto Consesso vi sarebbe stata, infatti, lesione degli artt. 39 e 52, terzo comma, della Costituzione, in quanto non sussistevano motivi plausibili per vulnerare, nell’ambito dell’ordinamento militare, un diritto costituzionalmente garantito, così come veniva ritenuta ragionevole la disparità di disciplina rispetto alle forze di polizia ad ordinamento civile, le quali godevano della libertà sindacale. La Corte Costituzionale, tuttavia, con una discussa sentenza, che a distanza di diciassette anni fa tuttora parlare di sé, la 449 del 1999, sentenziò la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, primo comma, della legge 382/78. E’ del tutto evidente che oggi tale quadro normativo e giurisprudenziale non è più in linea con le fonti comunitarie, soprattutto alla luce dell’interpretazione fornita dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, (sentenze Matelly e Adefdromil contro Francia) in quanto contrasta con il divieto assoluto di costituire associazioni sindacali o di affiliarsi a quest’ultime, anche se ciò sembra interessare poco alla classe politica di governo e ancora di meno a molti rappresentanti del personale, ai massimi livelli, che si mostrano molto più interessati verso una riforma dell’attuale sistema di rappresentanza, considerato un vero e proprio surrogato del sindacato, che verso l’ottenimento delle più ampie libertà sindacali. I segnali che arrivano dalla politica e le azioni svolte da una parte di rappresentanti, purtroppo non sono dei migliori, nel corso di una recente audizione in Parlamento sulla soppressione del Corpo Forestale dello Stato alcuni rappresentanti dei lavoratori in uniforme sono arrivati persino a sostenere che il mezzo mediante il quale si rappresenta il personale sia di poca rilevanza, tradotto: non importa lo strumento che si ha a disposizione. Con buona pace dei colleghi che negli anni settanta ed ottanta si sono battuti, subendo sulla propria pelle le feroci reazioni dei vertici delle amministrazioni, ed in barba all’autorevole orientamento della giurisprudenza comunitaria. Ai feroci oppositori delle libertà sindacali forse sfugge, ancora una volta, che la rappresentanza militare, in pratica…….

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