Per noi è un appuntamento abituale quello con Euromil per parlare dei diritti umani dei militari europei, delle loro condizioni di lavoro, del trattamento economico e della dignità personale.
Ci confermiamo l’unica realtà associativa ad aderire a questo sodalizio di respiro europeo che raccoglie tutti i militari appartenenti alla comunità europea dall’ovest e dall’est.
Particolarmente interessante questo meeting che si è svolto alla presenza dei rappresentanti delle associazioni e dei sindacati europei dei militari.
Un evento formativo che ha sottolineato ancora una volta la necessità di uniformare il trattamento riservato ai soldati che lavorano nella Comunità Europea nel senso della Difesa Europea.
A tal proposito le relazioni sono state illuminanti e hanno sottolineato ed evidenziato il diverso trattamento salariale ma anche del riconoscimento dei propri diritti degli appartenenti alle forze armate della Comunità Europea oltre alla necessità di arrivare a una maggiore osmosi gli difesa con simili e paritetici addestramenti, qualità delle strumentazione, degli armamenti e una modernizzazione di tutto l’apparato di difesa in ambito europeo.
Si è evidenziato inoltre come nell’arco degli ultimi anni ci sia stata una effettiva difficoltà al reclutamento di personale per una mancanza di motivazioni dovuta soprattutto ad una non proprio vantaggiosa condizione economica o alla motivazione legata soprattutto alla realizzazione delle proprie ambizioni.
Per i paesi che hanno aderito da poco alla comunità europea (ma purtroppo ci siamo anche noi come Italia che non siamo proprio dei novellini) si è evidenziato come il criterio di avanzamento di promozione e quindi di carriera, sia fortemente penalizzato a una serie di norme interne davvero molto articolato e poco trasparente.
Oggi non servono categorie stagne di una elite e di un esecutivo, servono competenze e queste competenze possono essere presenti nell’una o nell’altra categoria il problema quindi è come valorizzarle e dargli il giusto peso.
Di fatto liberare risorse valorizzando le competenze anche all’interno della stessa categoria di appartenenza con una progressione di carriera anche di tipo orizzontale e con un risvolto economico importante in base alla capacità esprimibile sia in termini di tecnologia sia in termini di crescita professionale, potrebbe risultare una soluzione percorribile per non appesantire l’ordinamento e quindi la presenza di un sopra organico.
A differenza di quanto avviene negli altri paesi dove i gradi o perlomeno il numero dei gradi della gerarchia militare rimangono pressoché invariati per decine e decine di anni, in Italia puntualmente ogni due o tre anni si arriva a un riordino delle carriere che in realtà non fanno altro che disordinare il disordine che già era presente nella norma.
Complice di questo disordino che puntualmente arriva è una ambiguità rappresentativa che ad oggi si fa fatica a cambiare, rimanendo inalterato il rapporto governo istituzione militare, attraverso la rappresentanza militare, che appare più che ovvio non idonea a garantire il minimo sindacale di rispetto e di salvaguardia delle singole posizioni dei militari, soprattutto per i gradi più bassi e intermedi della gerarchia.
Quindi il problema oggi più che mai è legato ad una revisione radicale del concetto di organizzazione interna, che non può più basarsi su categorie stagne o prefissate ma deve acquisire un ambito di flessibilità in base alle effettive necessità ed esigenze dell’intero assetto della Difesa italiana e quindi anche Europea.
Ribadire ancora una volta in questa sede e attraverso questa associazione che le divisioni di categorie fatte solo ed unicamente per preservare le posizioni di alcuni rispetto ad altri ovvero la supremazia economica rispetto a tutte le altre (ovviamente di questo alla fine si parla) non serve al buon funzionamento dell’istituzione ma bensì al mantenimento dello status quo della dirigenza rispetto all’esecutivo.
È un dato di fatto ormai più che consolidato che ad ogni rinnovo contrattuale la fetta più grossa delle risorse va a finire sempre ed unicamente ad arricchire gli stipendi dei dirigenti militari a discapito di tutte le altre categorie Ma se questo avesse un fondamento logico rispetto al risultato da raggiungere si potrebbe anche accettare, il problema è che questo non è evidente o perlomeno non è constatabile allo stato dei fatti.
Oggi più che mai siamo alla presenza di una casta e non è di una categoria, quindi questa casta non ha ragione di essere se non per l’appunto, relativamente ad avere un dominio sia economico sia giuridico all’interno di un’istituzione.
In questo modo viene fortemente penalizzato il reclutamento di nuove leve in quanto i posti ambiti sono decisamente pochi, mentre gli altri non sono appetibili né in termini di status men che mai in termini economici.
Un Caporale, un Maresciallo o un Sergente laureati all’interno dell’istituzione militare con competenze capacità e quindi portatori di un interesse sano, non hanno nessuna possibilità di aver riconosciuto un eventuale ruolo altamente specializzato, mentre di contro una pletora infinita di elogi e di encomi potrebbero far arrivare al massimo grado della categoria persone, che non hanno né specializzazioni né tantomeno competenze né tantomeno conoscenze.
Questo sistema in realtà favorisce solo ed esclusivamente una logica della sottomissione al capo di turno per avere la possibilità di accedere all’avanzamento di carriera solo se stai zitto buono e non ti lamenti mai.
Questo per l’istituzione è penalizzante; ma il problema è un altro, l’assenza della politica, l’incapacità all’ascolto e l’incapacità di poter rappresentare le effettive esigenze del personale per l’ambiguita’ del sistema di rappresentatività.
In parole povere il COCER è esattamente quello che serve per continuare a non cambiare niente. L’unica cosa che può fare realmente sono solo promesse.
Il COCER è sempre e comunque ad uso e consumo dei vertici militari mentre un libero sindacato sarebbe svincolato da meccanismi sia di ordine materiale sia di ordine psicologico e quindi esprimere con serenità, trasparenza e capacità non solo i bisogni del personale militare, ma anche la maggiore efficienza dell’istituzione stessa.
Ma come abbiamo sempre detto da 27 anni a questa parte, la nostra non può e non deve essere una guerra ideologica, ma una necessità per tutti. La libertà di espressione è garanzia di trasparenza ed efficienza.
Assodipro
Presidente di ASSODIPRO dal 25 ottobre 2018 a novembre 2020, attualmente Vice Presidente
Laureato in Sociologia Indirizzo Economico ed Organizzativo del Lavoro
Attualmente militare in Riserva