Sicurezza e Difesa: nasce il partito politico per gli Operatori

 Roma, 16 nov – Ieri l'annuncio ufficiale arrivato via email a tutti coloro che nell'ultimo periodo erano in fremente attesa dell'avvio delle iscrizioni al partito. “Anche se era domenica le iscrizioni sono cominciate subito – comunicano i promotori dell'iniziativa, Giuseppe Paradiso e Giorgio Carta – e siamo entusiasti del calore e della partecipazione con le quali è stata accolta l'iniziativa”.
Una rete di contatti in tutta italia che man mano che passano le ore diventa sempre più fitta ed articolata. Avieri, soldati, marinai, poliziotti, carabinieri, insomma tutti coloro che indossano un'uniforme da ieri hanno una loro “casa politica”, i cui dirigenti hanno già dimostrato di prendere molto sul serio il compito di centrare gli obiettivi che si sono prefissi: unificazione delle forze di Polizia, sindacati di categoria nelle Forze Armate, nascita di un Esercito europeo, democratizzazione del comparto Sicurezza e Difesa, rilancio dell'immagine e della considerazione degli operatori della Sicurezza e della Difesa. Questi i punti cardine del programma la cui “definizione verrà completata con il concorso e la collaborazione di tutti”. Scorrendo le pagine del sito internet del partito, www.posd.it, – nel quale è presente il modulo elettronico per il tesseramento – si capisce che le azioni concrete hanno già preceduto la nascita ufficiale: i dirigenti nazionali sono stati ospiti a Bruxelles del 100° Presidium di Euromil, la più grande organizzazione militare europea che racchiude al suo interno 35 tra associazioni e sindacati di 24 paesi europei.

 In quella sede è stato spiegato a tutte le delegazioni delle nazione europee che i motivi della nascita di un partito politico che tuteli gli interessi degli operatori del comparto Sicurezza e Difesa sono sostanzialmente due, uno di natura politica e l'altro di natura “tecnica”: il sostanziale (ed unanime) disinteresse della politica verso le istanze, i bisogni ed i disagi dei più fedeli servitori della Patria, che sovente sacrificano persino la vita per assicurare alla collettività ordine e serenità e gli oggettivi impedimenti legislativi che impediscono alla componente militare del comparto di esternare il proprio disagio.
La legislazione italiana è infatti una delle più restrittive dell'unione europea per quello che concerne i diritti in capo ai cittadini-militari in servizio attivo; la legge impedisce loro sia di aderire (o formare) sindacati di categoria sia di formare libere associazioni senza il preventivo assenso del ministro della Difesa. Il risultato di questo doppio divieto pone l'Italia, insieme alla Grecia, in uno stato di arretratezza normativa spaventoso rispetto alle altre nazioni dell'Unione.
Ecco perchè – ci spiegano al PSD – ai militari (ma non solo) l'unico strumento di aggregazione sociale disponibile rimane quello avente la forma del partito politico, “anche se sappiamo che una sottile ma pressante opera di disinformazione ha fatto credere loro il contrario”. “La Costituzione Italiana – spiegano Paradiso e Carta – stabilisce che solo una legge può vietare ai militari l'iscrizione a partiti politici, ma in Italia non è stata mai promulgata e quindi il diritto a fare politica attiva all'interno di un partito è uno di quelli costituzionalmente garantito e tutelato”.
“Il regolamento di disciplina militare prevede poi che il militare che non sta svolgendo attività di servizio, non si trova in un luogo militare o comunque destinato al servizio, non indossa l'uniforme e non si qualifica come militare (se sta svolgendo un compito di servizio), può liberamente partecipare a riunioni e manifestazioni di partiti, associazioni e organizzazioni politiche, nonché di svolgere propaganda a favore o contro partiti, associazioni, organizzazioni politiche o candidati ad elezioni politiche ed amministrative”.
L'iniziativa italiana a Bruxelles ha suscitato un vivissimo interesse e le varie delegazione estere hanno chiesto subito maggiori dettagli proponendosi di rimanere in contatto con la delegazione del PSD per future iniziative congiunte nei rispettivi paesi. Siamo molto fiduciosi nel futuro – ci confidano al PSD – soprattutto perchè il 3 novembre scorso, con la firma della Repubblica Ceca, si è chiuso l'iter di ratifica del Trattato di Lisbona che da il via libera alla nuova Unione europea. L’articolo 12 comma 1 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea ad esso collegato recita infatti: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di riunione pacifica e alla libertà di associazione a tutti i livelli, segnatamente in campo politico, sindacale e civico, il che implica il diritto di ogni individuo di fondare sindacati insieme con altri e di aderirvi per la difesa dei propri interessi”.
Il Trattato di Lisbona, che entrerà in vigore a dicembre o a gennaio prossimi, conferisce alla Carta un effetto vincolante perché riconosce ad essa lo stesso valore giuridico dei trattati. Difatti, proprio per evitare gli obblighi derivanti dalla Carta dei diritti fondamentali, il Regno Unito, la Polonia e la Repubblica Ceca hanno ottenuto una “clausola di esclusione” (c.d.”opt-out”) per non applicarla sul loro territorio. Diversamente, l'Italia ha ratificato integralmente e senza eccezioni il Trattato di Lisbona con la Legge 130/2008, impegnandosi in questo modo anche al rispetto della Carta ad esso collegata.
Risulta quindi di tutta evidenza che l'applicazione coerente di tale normativa europea nel nostro paese dovrà comportare una revisione delle leggi che ancora oggi vietano ai militari italiani di fondare e aderire ad associazioni sindacali (articolo 8 legge 382/78). Il mancato adeguamento integrale dell'Italia al Trattato, aprirerebbe un contenzioso da parte di chi vi abbia interesse di fronte alla Corte di giustizia europea.

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