Il tenente colonnello Milidone molestava fin dal 2003 le sue sottoposte all’Accademia Militare di Modena. Diciotto mesi di pena per la giustizia ordinaria, ma per quella militare era nullatenente, quindi soltanto trasferito di località e prepensionato con aumenti contrattuali. Come approfittare della condizione di istruttore per molestare due allieve dell’Accademia militare di Modena e cavarsela senza risarcire un euro nè subire l’onta della riduzione del grado, continuando a gareggiare nei poligoni da pensionato. Parliamo della vicenda del tenente colonnello Domenico Milidone, riconosciuto autore delle prime molestie sessuali a danni di cadette nel 2003, quando non erano trascorsi neppure tre anni dall’ingresso delle donne nelle forze armate italiane.
Ci troviamo nel settecentesco palazzo ducale che troneggia nel centro di Modena, primo ente universitario militare voluto dai Savoia e passato per le dominazioni di Estensi e Asburgo, dove oggi le ragazze non sognano più solo il ballo delle debuttanti ma i corsi di laurea che formano gli ufficiali dell’esercito e dei carabinieri. E’ al poligono di tiro a segno che l’istruttore Milidone, per anni nella commissione provinciale esplosivi e range officer allo Shooting club di Bologna, prepara il terreno per lezioni ad hoc.
Due ragazze confidano le morbose attenzioni che il graduato riserva loro durante le esercitazioni, anche davanti alle colleghe, forse credendosi intoccabile. Dopo i tormenti iniziali dovuti al timore di non essere credute e veder compromessa la carriera, la vittime trovano il coraggio di raccontare tutto al Pm Stefania Mininni. Della vicenda si è parlato poco, vuoi per la scelta del processo con rito abbreviato che garantisce le porte chiuse, vuoi per il consueto silenzio delle autorità. Si aggiunga poi l’incredibile decisione dell’Avvocatura dello Stato, sotto il secondo governo di Silvio Berlusconi, di non costituirsi parte civile nel processo che si celebra nel 2006. Riempiendo pagine di verbali le cadette aprono il varco a nuove denunce, stavolta di due colleghi uomini nei confronti di un ‘civile’: il professore dell’università di Modena Nino Carlo Battistini.
L’inchiesta, condotta sempre dal Pm Mininni, porterà alla condanna del docente in primo grado a 1 anno e 10 mesi e all’ interdizione dai pubblici uffici. Il procedimento su Milidone è già definito: due anni di pena con la sospensione condizionale, poi ridotti a 18 mesi in Appello e confermati in Cassazione. Le ragazze, che hanno proseguito la carriera militare, non hanno mai ricevuto un euro dei 35mila di risarcimento provvisionale. Infatti l’imputato non era più titolare di beni, intestati alla consorte assieme a pistole e fucili: in pratica il tenente risulta nullatenente. Milidone è stato poi assolto dall’accusa di violata consegna, cioè di aver organizzato le dimostrazioni fuori orario di servizio.
La severa punizione militare per l’ufficiale gentiluomo? Il trasferimento dall’Accademia per prestare servizio prima sul Tarvisio e poi a Firenze, infine il prepensionamento. Non è dato sapere se vi sia stata un’azione disciplinare: in Italia, spiegano dal Ministero della Difesa, questi dati relativi ad un pubblico ufficiale coinvolto in una vicenda pubblica, sono riservati. Conferma l’allora difensore Maria Grazia Tufariello: ”Fino a quando ho esercitato la difesa di Milidone (2008 ndr) non erano stati adottati provvedimenti disciplinari”. Come si evince dai documenti pubblici sullo ‘scivolo’ dei graduati, mentre fioccavano le condanne nei tre gradi della giustizia ordinaria, l’ufficiale è stato collocato in ausiliaria, istituto che permette al pensionando di beneficiare (per un massimo di 8 anni ) degli aumenti contrattuali previsti per il personale in servizio.
Oggi, a differenza di altri imputati (ad esempio un fornitore della Ferrari, in attesa di appello per il medesimo reato, di recente si è visto negare il rinnovo della licenza di caccia) continua a sparare calcaldo i migliori poligoni del Tsni. Il 23 marzo il pregiudicato si è piazzato quarto alla gara di pistola di grosso calibro al torneo ‘Sandra Pizzigati’ di Bologna. C’è poi la questione delle competenze a complicare ulteriormente il sistema, già definito “lacunoso e frammentario” dal presidente della Corte militare d’appello Vito Nicolò Diana relativamente alle necessità di arginare l’aumento dei reati sessuali, 11 accertati nel 2009. Un dato sottostimato rispetto a quanto sta emergendo nell’inchiesta sul maggiore Salvatore Parolisi, accusato di aver ucciso la moglie Melania anche per coprire molestie a soldatesse nella caserma Clementi di Ascoli.
La linea di demarcazione tra giustizia militare e ordinaria non è di semplice interpretazione, come dimostra il caso di un sergente di Brescia accusato di molestie nei confronti di un caporale donna e condannato dal tribunale militare per ‘violenza verso inferiore’. A fine maggio la Cassazione lo ha assolto in quanto il fatto “non è correlato all’attività di servizio (art.199 codice militare)” trasmettendo gli atti alla magistratura ordinaria. I giudici di legittimità hanno di fatto confermato i limiti del codice militare di pace, nel quale non esiste il reato di molestie che in questo caso è stato erroneamente ricompreso nella fattispecie di ‘violenza verso inferiore’. Limiti che non significano affatto lacune, se interpretati correttamente come nel caso modenese. Quando le due cadette denunciarono gli approcci sessuali dell’istruttore durante le esercitazioni la Procura si dichiarò competente, trovando conferma sino in Cassazione. (ilfattoquotidiano.it)