Amianto killer, la ‘strage nascosta’ tra i militari. E i “non so” dei responsabili sicurezza della Difesa – In Marina 946 morti o malati di asbestosi. Ma per la Difesa risultano solo 126. Perchè questa stupefacente differenza di dati?

Mercoledì 21 dicembre viene interrogato da Scanu il colonnello Onofrio Garzone, dell’Ufficio di coordinamento dei servizi di vigilanza.
Quindi lei praticamente non fa niente?
“Non faccio niente perché non ho il potere per fare”.

Lo stesso giorno è il turno del tenente colonnello Angelo Di Spirito, dello stesso ufficio ispettivo.

Il vostro ufficio ha avuto occasione di effettuare controlli sul rischio di esposizione ad agenti cancerogeni, mutageni e teratogeni? “No”.

In relazione all’esposizione lavorativa ad amianto e alle relative attività di bonifica, oltre a quelle che lei ha indicato, quali altre attività di vigilanza vengono svolte?

“Nessun’altra”.

Il vostro ufficio ha promosso di propria iniziativa attività di individuazione di siti e di attrezzature contaminati da amianto?

“Non mi risulta”.

Avete richiesto al Registro nazionale dei mesoteliomi i casi di mesotelioma insorti fra i militari operanti nell’ambito dell’esercito?

“Non lo so”.

Interviene il centrista Roberto Capelli. Lei avrà avuto sicuramente notizia di alcuni incidenti legati sia all’uranio impoverito sia all’amianto. Avrà sicuramente avuto notizia di questo.

“No”.

“Verifiche non effettuate a 360 gradi”. Anche gli alti ufficiali auditi nelle ultime settimane (non sono però ancora disponibili gli stenografici) hanno ammesso carenze nella valutazione dei rischi. In particolare tra il 3 e il 4 maggio nel corso delle audizioni dei vertici del Centro Interforze Studi per le Applicazioni Militari è emerso che in alcuni casi le opportune verifiche non sono state effettuate a 360 gradi, o non sono state effettuate affatto, per insufficienza delle risorse necessarie.

“Gibuti: se va a fuoco discarica, rischio diossina”. Nell’audizione del direttore del Centro Tecnico Logistico Interforze sono state individuate specifiche carenze nel personale specializzato che sarebbe necessario per svolgere puntualmente il lavoro. Inoltre è stato anche evidenziato che, a ridosso della base delle Forze Armate presso Gibuti, è stata segnalata, nel 2016, “la presenza di vari cumuli di rifiuti indifferenziati che, se incendiati, potrebbero creare l’emissione di sostanze altamente nocive (come diossine, poli clori bifenili, ndr), la cui analisi non è tra le potenzialità esprimibili del Centro”.

“Aria inquinata in sei basi estere”. Ma l’allarme è trascurato. Nell’audizione del capo divisione del Comando Operativo di vertice Interforze è emerso infine che alcune criticità nella salubrità dell’aria segnalate dai comandanti di sei nostre basi all’estero non sono state ancora monitorate, senza che ne sia stato chiarito il motivo.

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