Mondo militare: questo sconosciuto a cura di Massimiliano Valdannini

 
Qual è la motivazione o le motivazioni che per la prima volta vi hanno visto manifestare pubblicamente di fronte la Camera dei Deputati?
Il 6 Dicembre 2012, sotto certi aspetti è una data storica. Per la prima volta ufficialmente, insieme, sindacati di Polizia e associazioni di cittadini e militari hanno manifestato con un sit-in davanti alla Camera dei Deputati. Simbolicamente, e al di là della partecipazione numerica, sulla quale hanno influito diversi fattori – (tempi ristrettissimi di organizzazione; – difficoltà di coordinamento e pressioni più o meno occulte) – il risultato mediatico e “politico” resta evidente. La contestazione democratica ad un governo tecnico, che ha affrontato un argomento politico importante con una legge delega pesantissima detta “Revisione dello strumento militare”, è stata generale e all’ammiraglio ministro Di Paola rimane il risultato storico e il “demerito” di aver avuto contro, contemporaneamente, le rappresentanze militari, le Associazioni di militari e cittadini, le numerose associazioni cattoliche e pacifiste presenti nel nostro Paese, per la prima volta tutte unite contro una legge delega che taglia 50mila posti di lavoro nella Difesa (40mila militari e 10mila civili). Il più grave dei tanti aspetti negativi di questa legge delega, oltre all’assoluta mancanza di concertazione ed alla “militarizzazione” del Parlamento con ritmi e urgenze sospette, è la percezione netta che la priorità assoluta è stata data a lobby economiche palesi, mettendo in secondo piano i lavoratori militari, l’aspetto umano ed i diritti. Si può tranquillamente affermare che un esercizio della delega, che dovrà applicare il prossimo governo, se attuato con i principi dettati dal tecnico ammiraglio, creerà delle pesanti conseguenze economiche, lavorative, sociali e familiari a migliaia di militari.

Un’Associazione come Assodipro non poteva che essere in prima linea per informare sul provvedimento e contrastarne sia l’iter parlamentare che le deleghe che ne deriveranno e che dovranno essere applicate da un nuovo governo ed un altrettanto nuovo Parlamento, la nostra battaglia democratica per i Diritti e la Tutela del personale militare continuerà con lo stesso vigore e intensità democratico. 

Sono presenti varie rappresentanze della vostra categoria: tra voi ci sono obiettivi di intenti comuni o situazioni che divergono? Se sì, quali?
Il provvedimento che si è contestato con il sit-in del 6 dicembre è penalizzante per tutto il personale a cominciare da quello più giovane, e l’unanimità dell’opposizione ci porta a superare qualsiasi divisione di categorie all’interno del Comparto Difesa. La stragrande maggioranza del personale, che abbia un’informazione corretta e completa sul provvedimento, non può che contrastarlo e cercare di migliorarlo agendo sulla politica e cercando di incidere sul profondo cambiamento politico che è auspicato e necessario. L’azione di Assodipro ha tra i suoi risultati quello di aver fatto capire rappresentandoli, finalmente, ai lavoratori delle Forze Armate che possono diventare una classe di lavoratori che deve essere ascoltata, lavoratori con una loro coscienza di classe e richiesta di diritti associativi non più rinviabile. 

Alla luce delle vostre rivendicazioni, quali sono i percorsi e gli obiettivi comuni tra il personale militare che è inserito nel solo Comparto Difesa e quello inserito nel Comparto Sicurezza e anche Difesa (Arma dei Carabinieri e Guardia di Finanza)?
La “prepotenza” con la quale il governo Monti-Di Paola ha legiferato sul Comparto Difesa con provvedimenti quali “spending review” e revisione dello strumento militare è dovuta anche al fatto che riguardano quasi elusivamente il settore Difesa con personale sprovvisto di diritti e tutele associative e sindacali. Un altro primato del governo dei tecnici è la certificazione del fallimento della rappresentanza militare – ridotta dal governo tecnico, ancor più dei precedenti – a un vero e proprio sindacato giallo. La Ministra Fornero lo certificò pochi mesi fa in un incontro coi sindacati di Polizia e rappresentanze militari, sulla riforma del sistema pensionistico Difesa e Sicurezza, dove affermò, tra l’altro: Abbiamo già fatto 7 incontri con le vostre amministrazioni! È già tutto deciso, di cosa dobbiamo parlare? Il Ministro Ammiraglio Di Paola, allergico a qualsiasi tipo di osservazione o proposta, incontrando i Cocer affermò: Amici miei (!) vi ho ascoltato ma si fa come dico io! Se volete potete anche manifestare sotto casa mia!.. Peccato che i Cocer, ridotti a sindacati gialli da tali atteggiamenti e dalla mancanza di “mezzi” di rappresentanza, non abbiano raccolto neanche la provocazione del Ministro, subendone totalmente la gerarchizzazione della rappresentanza, fino ad occultare o ritardare l’uscita di un comunicato molto critico verso Ministro e governo, fatto arrivare ai siti di interesse solo dopo l’approvazione al Senato della legge di revisione. Il Comparto Sicurezza, tramite l’azione dei sindacati di Polizia, è riuscito a tutelarsi meglio ed a difendersi dai tagli sulla spending review e grazie anche alla loro azione contro la riforma delle pensione della signora Fornero, sono riusciti ad affossarla dopo diverse manifestazioni e sit-in ai quali Assodipro ha sempre partecipato. L’azione politica dei sindacati di Polizia, ai quali la politica dà un ascolto diverso e di sostanza, ha portato anche benefici ai Carabinieri attenuando gli effetti della spending e del turn over. Il percorso comune rimane quello della richiesta di diritti associativi e sindacali che è viva e presente in una larga fascia di personale sia del Comparto Difesa propriamente detto sia nei Carabinieri e nella Guardia di Finanza.

Come vedreste o ipotizzereste il nuovo modello di Difesa ?
Non si è mai negata l’esigenza di una revisione/riorganizzazione delle Forze Armate e di un nuovo modello di dDifesa. Penso che si dovrebbe realizzare con una concertazione vera e concreta tra governo e parti sociali dei lavoratori militari; per parti sociali intendiamo una rappresentanza di tipo associativo e sindacale che tuteli effettivamente il personale a similitudine dei sindacati di Polizia e di molti Paesi europei dove tali diritti sono concessi da anni. Un nuovo modello di Difesa che guardi prima al personale e dopo alle industrie e lobby, che prospetti un esercito di popolo-persone integrate con la società e che interagiscono con la stessa anche su campi come la protezione civile e tutela del territorio.

Quali sono le proposte dell’ex ministro Di Paola che non condividete nel modo più assoluto, rispetto a tutte le altre ipotesi avanzate dall’Esecutivo e dal Parlamento? 
Più che le proposte dell’ex Ministro non sì è condiviso il metodo e la presunzione di attuare, riuscendoci, un provvedimento politico di grande impatto sul personale che non spettava ad un governo tecnico. Non abbiamo condiviso l’urgenza e i tempi politici ridottissimi di un Parlamento e di una politica che ha approvato una legge delega mentre era politicamente dimissionario. Non era mai accaduto. La politica che ha approvato il testo, pur tra molti distinguo, ammettendo che potranno esserci problemi per il personale e dichiarando la pesantezza delle conseguenze, si è assunta una grande responsabilità che non potrà non avere conseguenze elettorali dove, sono sicuro, la gran parte del personale voterà per un profondo cambiamento ricordandosi di coloro che hanno approvato leggi pesantissime. 

Il diritto associativo è oramai una rivendicazione irrinunciabile?
Certo che lo è. Ancor di più oggi. Ancor di più dopo aver subito l’azione legislativa di un governo tecnico. È irrinunciabile giungere a ottenere diritti associativi e sindacali per il personale militare, per difendersi e tutelarsi anche di fronte alle conseguenze della spending review e della revisione dello strumento militare. Su questo punto Assodipro ha giocato una carta importante facendo ricorso alla Cedu (Corte Europea Diritti dell’Uomo) e citando l’Italia come Paese inadempiente ai trattati europei che riconoscono i diritti associativi e sindacali in molti Stati dell’Unione. Siamo fiduciosi e auspichiamo che la Corte, nel corso del nuovo anno, si pronunci in modo favorevole. Un Parlamento e un governo che si richiamino all’Europa in campi fondamentali come quelli economici e del lavoro non potranno ignorare il giudizio della Corte europea. Comunque, continueremo la nostra opera di informazione e sensibilizzazione per far sì che le nuove forze politiche ed il nuovo Parlamento recepiscano la richiesta di diritti da parte dei lavoratori delle Forze Armate.

Ci sono gruppi o singoli parlamentari che vi seguono concretamente?
Negli ultimi mesi abbiamo constatato che il Comparto Difesa non è ascoltato se non costruisce, come stiamo cercando di fare, una unione ed una coscienza di classe. L’esperienza atipica, speriamo non più ripetibile, di un governo tecnico ha accentuato la lontananza e la rappresentanza politica dai lavoratori del Comparto dDifesa. Abbiamo seguito l’iter della revisione dello strumento militare giorno per giorno constatando, sia leggendo che ascoltando dichiarazioni di molti parlamentari, che c’è poca considerazione per i militari, ancor meno conoscenza del loro mondo lavorativo e sociale. Un modo vecchio e offensivo di fare politica senza ascoltare si è rivelato negli ultimi mesi; molti politici vecchi hanno pensato che il Comparto Difesa è un comparto che, elettoralmente, esprime il voto a prescindere dalle azioni politiche o dalle leggi approvate ed in base a concetti arcaici. Stavolta, si sono sbagliati ed hanno sottovalutato una fascia significativa di elettori che è informata su quanto accaduto nell’ultimo anno ed in quelli precedenti ed esprimerà il suo voto verso un cambiamento profondo sia di uomini, sia di partiti e tenendo presente soltanto i pochi che hanno cercato di opporsi ai provvedimenti noti e quelle forze e movimenti che mettono al primo posto i diritti per tutti i lavoratori.

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