TRASFERIMENTO A SEGUITO DI SOPPRESSIONE REPARTI

Il Consiglio di Stato conferma ancora l’interpretazione data del requisito della “sede di servizio limitrofa” ed esclude la necessità di provare un pregiudizio per il trasferimento.

Studio Legale Coronas*

Trasferimento a seguito di soppressione Reparti.
Il Consiglio di Stato conferma ancora l’interpretazione data del requisito della “sede di servizio limitrofa” ed esclude la necessità di provare un pregiudizio per il trasferimento.
Con la recente sentenza n.6219/2023 del 26.06.2023, il Consiglio di Stato ha confermato la propria giurisprudenza su come vada inteso ed applicato per il personale delle Forze Armate e per quello delle Forze di Polizia il comma 1-bis dell’art.1 della Legge n.86/2001, escludendo altresì la necessità della prova,
come ulteriore requisito, di un pregiudizio concreto derivante dal trasferimento.
Come noto, l’art.1, intitolato “Indennità di trasferimento”, della Legge 29.03.2001, n.86 e successive modificazioni ed integrazioni statuisce attualmente:

  • al comma 1, che “Al personale volontario coniugato e al personale in servizio permanente delle Forze armate, delle Forze di polizia ad ordinamento militare e civile e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, agli ufficiali e sottufficiali piloti di complemento in ferma dodecennale di cui alla legge 19 maggio 1986, n.224, e, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 28, comma 1, del decreto legislativo 19 maggio 2000, n.139, al personale appartenente alla carriera prefettizia, trasferiti d’autorità ad altra sede di servizio sita in un comune diverso da quello di provenienza, compete una indennità mensile
    pari a trenta diarie di missione in misura intera per i primi dodici mesi di permanenza ed in misura ridotta del 30 per cento per i secondi dodici mesi”;
  • al comma 1 bis, introdotto, a decorrere dal 1° gennaio 2013, dall’art.1, comma 163, della legge 24.12.2012, n.228, che “L’indennità di cui al comma 1 nonché ogni altra indennità o rimborso previsti nei casi di trasferimento d’autorità non competono al personale trasferito ad altra sede di servizio limitrofa, anche se distante oltre dieci chilometri, a seguito della soppressione o dislocazione dei reparti o relative articolazioni”.
    Conseguentemente, il diritto del personale delle Forze Armate e delle Forze di Polizia all’indennità di trasferimento, come ora disciplinata dall’art.1 della Legge n.86/2001, è subordinato al ricorrere dei (soli) seguenti quattro presupposti:
  • il trasferimento deve essere avvenuto d’autorità, a seguito di soppressione o dislocazione del reparto di servizio o di sue articolazioni;
  • la nuova sede di servizio deve essere distante almeno 10 km dalla vecchia sede di servizio;
  • il comune sede della nuova sede di servizio deve essere diverso da quello in cui era ubicata la vecchia sede di servizio;
  • il comune sede della nuova sede di servizio non deve essere limitrofo, e cioè confinante, rispetto a quello sede della vecchia sede di servizio.
    Pur a fronte della chiarezza delle indicazioni offerte dal massimo Consesso della Giustizia Amministrativa sin dalla decisione n.1/2016 dell’Adunanza Plenaria, continuano a non mancare tentativi da parte di alcuni TT.AA.RR. di letture restrittive dei suddetti requisiti, ciò che ha fornito occasione al Consiglio di Stato per chiarire gli orientamenti già espressi.
    Così, in ordine al carattere autoritativo del trasferimento, è stato sempre più chiaramente precisato che: “i trasferimenti in argomento, pur in presenza di una manifestazione di gradimento o di un’istanza formulata dagli interessati, devono qualificarsi “d’autorità”, atteso che, in caso di soppressione o di diversa dislocazione del Reparto, il militare deve necessariamente abbandonare la precedente sede di servizio e la ragione del trasferimento è individuabile nella soppressione o nella diversa dislocazione del Reparto e non nella manifestazione di gradimento; in presenza di tutti gli altri presupposti di legge, l’indennità spetta anche al militare che abbia espresso il gradimento, in quanto privo di alternativa, non esistendo più la pregressa sede di servizio e stante il dovere di obbedienza” (v. Cons. St., Sez. II, 11.12.2020, n.7922 e Cons. St., Sez. II, 22.06.2022, n.5125);
    “l’eventuale clausola di gradimento o l’eventuale istanza di trasferimento sollecitata in
    conseguenza della soppressione del reparto di appartenenza del richiedente, siccome riguarda
    solo gli effetti geografici dell’ordine di trasferimento, solo limitatamente a tali effetti comporta
    acquiescenza, sotto il profilo della rinuncia al diritto di agire in giudizio, senza incidere sul diritto all’indennità che deriva dalla legge qualora ne ricorrano i presupposti” (v. Cons. St., Sez. II, 08.02.2022, n.871);

Con riguardo al presupposto del trasferimento a sede di servizio non limitrofa, anche se distante oltre 10 km, è stata ripetutamente respinta la tesi, per la quale il riferimento alla sede limitrofa di cui al comma 1 bis andrebbe inteso “con riguardo all’ambito della circoscrizione territoriale della sede di provenienza e di quella di destinazione e non già al fatto che fossero ubicate o meno in comuni confinanti”, ed è stato
via via precisato e poi confermato che “il comma 1 bis va interpretato con le categorie del comma 1, dando rilievo all’ambito comunale; in sostanza, in caso di soppressione, se la nuova sede è posta in comune non confinante (cioè non limitrofo) l’indennità spetta; invece se la nuova sede è ubicata in comune confinante (limitrofo) non spetta anche se la nuova sede dista più di 10 km (Cons. Stato Sez. IV, 12-04-2019, n. 2383; più risalenti: Cons. Stato, Sez. IV, nn. 4344/18, 4350/18, 4351/18, 4352/18, 4353/18, 4354/18, 4355/18, 4609/18 e 461918)” (v. Cons. St., Sez. II, n.6836/2022 cit., nonché Cons. St., Sez. II, 23.01.2023, n.743).
In questo contesto, si inserisce da ultimo anche la sentenza n.6219/2023, con la quale il Consiglio di Stato ha ribadito ancora che: “il suddetto comma 1 bis – che non precisa cosa debba intendersi per sede “limitrofa” e cioè se occorra fare riferimento ad un criterio di tipo geografico, da correlare al comune che ospita la sede, o se invece si debba fare riferimento alla struttura organizzativa dell’ente datoriale e quindi alla dislocazione sul territorio delle relative articolazione funzionali – va applicato seguendo lo stesso criterio espressamente richiamato dal comma 1 per l’effetto, quindi, di riferire il limite della sede
“limitrofa” al comune che ospita la sede di destinazione, col corollario che l’indennità si giustifica solo se il trasferimento avviene in una sede di servizio situata in un comune non confinante con quello che ospita la sede di provenienza”.
Nella stessa occasione, il Consiglio di Stato, correggendo l’erronea conclusione alla quale anche per quest’aspetto era pervenuto in primo grado il T.A.R., ha nuovamente specificato che: “in base al testo vigente dell’art. 1 cit., … l’accesso all’indennità in questione risulta regolata in base a un chiaro automatismo, dovendosi escludere la necessità dell’interessato di comprovare che il trasferimento comporti un effettivo disagio, valutazione già effettuata dal legislatore nel prendere in esame i requisiti per il diritto a percepire l’indennità”.

Anche questo nuovo pronunciamento concorre a consolidare il quadro applicativo della disciplina di cui all’art.1 della Legge n.86/2001 e a rafforzare il riconoscimento del buon diritto del personale, che si trova coinvolto in vicende di rimodulazione dell’organizzazione territoriale delle Amministrazioni militari,
ad ottenere il trattamento economico conseguentemente spettante.


*(Studio legale convenzionato con ASSODIPRO)

Related Posts

About The Author